Valentina Di Paola

Le donne militari e le loro famiglie soffrono più spesso di dolore cronico

(5 Luglio 2024)

Roma – Le donne che hanno prestato servizio militare durante i periodi intensi di dispiegamenti di combattimento sembrano correlate a un rischio significativamente maggiore di sperimentare dolore cronico, così come i membri femminili delle loro famiglie. Questo è quanto emerge da uno studio, pubblicato sul Journal of American Medical Association Network Open, condotto dagli scienziati del Brigham and Women’s Hospital. Il team, guidato da Andrew Schoenfeld, ha valutato l’impatto del servizio militare prestato dalle donne tra il 2006 e il 2020, considerando anche le loro famiglie. I ricercatori hanno utilizzato i dati raccolti dal Military Health System Data Repository, che comprendeva le cartelle cliniche di 3.473.401 individui di età compresa tra 18 e 64 anni. Stando a quanto emerge dall’indagine, le militari che avevano prestato servizio durante i periodi caratterizzati da intensi dispiegamenti erano associate a un rischio più elevato di soffrire di dolore cronico. La probabilità di sperimentare tali disagi era evidente anche tra i coniugi, ed era maggiore per le donne di basso status socioeconomico e tra chi manifestava malattie mentali. “Siamo rimasti sorpresi dalla portata dei nostri risultati – commenta Schoenfeld – i dati che abbiamo raccolto evidenziano un aspetto spesso trascurato dei programmi di dispiegamento che il Military Health System deve riconoscere”. Il dolore cronico, spiegano gli esperti, è una condizione angosciante che può persistere per periodi di tempo molto lunghi, compromettendo la qualità della vita e gravando sul costo del sistema sanitario. Nell’ambito dell’indagine, il 9,3 per cento del campione, pari a 324.499 individui, era associato a una diagnosi di dolore cronico. Per ottenere un quadro completo, gli scienziati hanno diviso la coorte in due gruppi in base al periodo in cui avevano prestato servizio. Tra il 2006 e il 2013, infatti, l’esposizione al combattimento risultava più intensa, mentre tra il 2014 e il 2020 i militari erano stati meno impegnati in scontri diretti. Nel primo sottogruppo, il tasso di dolore cronico era del 14,8 per cento tra il personale in servizio attivo e dell’11,3 per cento per i familiari. Nel secondo periodo di indagine, invece, i tassi raggiungevano rispettivamente il 7,1 e il 3,7 per cento. Nello specifico, per le donne che avevano combattuto tra il 2006 e il 2013, la probabilità di sperimentare la condizione era superiore del 53 per cento rispetto alle colleghe nell’arco di tempo successivo. “La salute mentale e lo stato socioeconomico sono emersi come fattori determinanti del rischio di dolore cronico – conclude Schoenfeld – le fasce di popolazione provenienti da contesti economici svantaggiati e quelle con problemi di salute mentale preesistenti spesso incontrano maggiori barriere nell’accesso ai servizi di salute medica e comportamentale, il che può peggiorare e prolungare la loro sofferenza. Il nostro lavoro si basava sui dati relativi alle richieste di risarcimento, il che ci ha impedito di intervistare direttamente i pazienti. Nei prossimi approfondimenti, sarà interessante valutare come l’uso prolungato di oppioidi da prescrizione differisca tra le donne in servizio attivo e i familiari civili che vivono con dolore cronico. Speriamo inoltre di condurre uno studio osservazionale prospettico per comprendere meglio le ramificazioni a lungo termine degli schieramenti militari sulla salute”. (30science.com)

Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).