Lucrezia Parpaglioni

Le dimensioni del cervello animale non dipendono dalla grandezza del corpo

(8 Luglio 2024)

Roma – Le dimensioni del cervello animale non sono proporzionate alla corporatura, con gli animali più imponenti che non hanno un cervello più grande rispetto a quelli più piccoli, ma ci sono delle eccezioni. Lo rivela un nuovo studio condotto dai ricercatori dell’Università di Reading e dell’Università di Durham, pubblicato su Nature Ecology and Evolution. I risultati mettono in discussione le convinzioni di lunga data sull’evoluzione del cervello. Cervelli più grandi rispetto alle dimensioni del corpo sono collegati all’intelligenza, alla socialità e alla complessità comportamentale, e gli esseri umani si sono evoluti con cervelli eccezionalmente grandi. I ricercatori hanno raccolto una vasta serie di dati sulle dimensioni del cervello e del corpo di circa 1.500 specie per chiarire secoli di controversie sull’evoluzione delle dimensioni del cervello. “Per più di un secolo, gli scienziati hanno ipotizzato che questa relazione fosse lineare, ovvero che le dimensioni del cervello aumentassero in proporzione alle dimensioni dell’animale”, ha detto Chris Venditti, dell’Università di Reading e autore principale dello studio. “Ora sappiamo che non è così: la relazione tra le dimensioni del cervello e quelle del corpo è una curva, il che significa essenzialmente che gli animali molto grandi hanno un cervello più piccolo del previsto”, ha continuato Venditti. “I nostri risultati aiutano a risolvere la complessità del rapporto tra cervello e massa corporea”, ha dichiarato Rob Barton, dell’Università di Durham e coautore dello studio. “Il nostro modello ha una semplicità che rende superflue le spiegazioni precedentemente elaborate: le dimensioni relative del cervello possono essere studiate utilizzando un unico modello di base”, ha continuato Barton. La ricerca rivela una semplice associazione tra le dimensioni del cervello e del corpo in tutti i mammiferi, che ha permesso ai ricercatori di identificare le specie che infrangono le regole, ovvero quelle che sfidano la norma. Tra queste specie anomale c’è anche l’Homo sapiens, che si è evoluto venti volte più velocemente di tutte le altre specie di mammiferi, dando vita ai cervelli enormi che caratterizzano l’umanità di oggi. Ma, l’uomo non è l’unica specie in controtendenza. Tutti i gruppi di mammiferi hanno mostrato rapidi cambiamenti, sia verso dimensioni cerebrali più piccole che più grandi. Per esempio, i pipistrelli hanno ridotto molto rapidamente le loro dimensioni cerebrali al momento della loro comparsa, ma poi hanno mostrato tassi di cambiamento molto lenti nelle dimensioni cerebrali, suggerendo che potrebbero esserci vincoli evolutivi legati alle esigenze del volo. Vi sono tre gruppi di animali che hanno mostrato i cambiamenti più pronunciati e rapidi nelle dimensioni del cervello: primati, roditori e carnivori. In questi tre gruppi, le dimensioni del cervello tendono ad aumentare nel tempo, ma non si tratta di una tendenza universale per tutti i mammiferi, come si riteneva in precedenza. “I nostri risultati sciolgono un mistero: negli animali più grandi c’è qualcosa che impedisce al cervello di espandersi”, ha affermato Joanna Baker, dell’Università di Reading e coautrice dello studio. “Resta da capire se questo sia dovuto al fatto che i cervelli grandi oltre una certa dimensione sono semplicemente troppo costosi da mantenere”, ha aggiunto Baker. “Ma – ha concluso Baker – poiché osserviamo una curvatura simile anche negli uccelli, il modello sembra essere un fenomeno generale: ciò che causa questo ‘curioso soffitto’ si applica ad animali con una biologia molto diversa”. (30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.