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Tumori: analisi rileva disparità cure per quello alla prostata a livello strutture

(9 Luglio 2024)

Roma – L’84,5% dei pazienti riferisce di non essere stato preso in gestione da un team multidisciplinare, nonostante l’82,5% delle strutture (8 su 10) affermi di avere al proprio interno una Prostate Cancer Unit o un Gruppo Multidisciplinare dedicato.

Analogamente 8 pazienti su 10 (il 75,9%) riferiscono di non essere stati inseriti in un PDTA mentre il 66,7% delle strutture intervistate afferma di aver adottato un PDTA dedicato al tumore della prostata. Buona l’attesa dalla diagnosi alla presa in carico del paziente: intercorre un tempo fino a 15 giorni nel 45,6%, compreso tra 16 giorni e un mese nel 40,4% dei casi, superiore ad un mese nel 14% dei casi.

7 Regioni (Piemonte, Friuli Venezia Giulia Liguria, Valle D’Aosta, Lazio, Umbria, Sicilia) riferiscono di aver attivato le Prostate Cancer Unit o Gruppi multidisciplinari riconosciuti sul tumore alla prostata; la Calabria, pur non avendo attivato la PCU né Gruppi multidisciplinari riconosciuti, ha previsto e organizzato un percorso personalizzato – PDTA – dedicato.

Sono alcuni dei dati che emergono dall’indagine civica di Cittadinanzattiva presentata oggi nel corso dell’evento “Salute oncologica maschile: indagine civica sul tumore alla prostata”. Il lavoro è stato realizzato in partnership con Europa Uomo e con il contributo non condizionato di Novartis. All’indagine hanno partecipato 138 cittadini/Associazioni di pazienti (di cui più del 40% ha avuto una esperienza diretta o indiretta della patologia tumorale prostatica), 57 Direzioni Generali (di Presidi Ospedalieri/Aziende Ospedaliere, IRCCS, Aziende Ospedaliere Universitarie e strutture private) e 8 Regioni – Piemonte, Calabria, Friuli Venezia Giulia. Liguria, Valle d’Aosta, Lazio, Umbria, Sicilia – attraverso le Direzioni Generali della Salute regionali.

“Il nostro auspicio – dichiara Valeria Fava, responsabile coordinamento politiche per la salute di Cittadinanzattiva – è che, su una patologia così diffusa come il tumore alla prostata, si implementino modalità organizzative ed assistenziali caratterizzate da multidisciplinarietà, percorsi di cura tempestivi ed efficaci, competenze specifiche e dialogo tra professionisti. Solo in questo modo anche l’accesso all’innovazione sarà adeguatamente accolto e garantito. Sarà altresì necessario accompagnare a questi elementi organizzativi una particolare attenzione agli aspetti psicologici e a quelli legati alla qualità della vita, così fortemente impattanti su chi è affetto da questa patologia. L’aver voluto avviare un percorso sull’oncologia maschile si inserisce in un cammino avviato da tempo da Cittadinanzattiva con l’obiettivo di concentrarsi sempre di più sulle tematiche connesse alla medicina di genere”.

Per quanto riguarda gli aspetti organizzativi e in particolare la prenotazione di visite ed esami, 1 paziente su 3 (32,8%) riferisce che la struttura non ha prenotato gli esami e le prestazioni necessarie per giungere alla diagnosi e il 41,4% afferma che la struttura non ha prenotato le visite e gli esami di follow-up. Sui tempi di attesa: troppo lunghi per gli accertamenti durante il percorso di cura (40%) e per l’indicazione della terapia più appropriata (30%). In particolare, segnalati come particolarmente lunghi la biopsia prostatica (19%), la PET (19%) e la TAC (17,2%).

Prevenzione e qualità di vita dei pazienti. Dall’indagine emerge che la quasi totalità degli intervistati (87%) è a conoscenza del fatto che nel nostro Paese il tumore della prostata è la patologia neoplastica più diffusa nella popolazione maschile e la stessa percentuale dichiara di aver ricevuto informazioni sul ruolo fondamentale della prevenzione pur non essendo a oggi attivo un programma di screening dedicato. Il tumore della prostata ha compromesso la qualità di vita del 74,1% degli intervistati, a causa di disfunzioni sessuali (90,7%) e dell’apparato urinario (48%) e di problemi psicologici (ansia, depressione per il 65,1% dei pazienti). Quasi 7 su 10 hanno subito effetti collaterali a seguito delle terapie. Tra questi, il 20,7% non solo non ne era stato adeguatamente informato, ma non ha ricevuto un supporto adeguato a gestirli (39,5%). A quasi la metà (44,8%) la struttura non ha provveduto a garantire il supporto di uno psicologo. In tema di riabilitazione, il 41,4% non ha avuto accesso a servizi forniti dalla struttura presso cui è in cura.(30Science.com)

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