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Scoperta una nuova mutazione genetica associata alla malattia di Parkinson

(8 Luglio 2024)

Roma – Uno studio internazionale coordinato dall’Università del Massachusetts ha scoperto un nuovo gene associato alla malattia di Parkinson. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Genetics, ha sequenziato l’esoma (la regione codificante del genoma) di più di 2.000 pazienti affetti da malattia di Parkinson famigliare, confrontandolo con quelli di quasi 70.000 soggetti sani. In questo modo è stato possibile identificare una mutazione del gene RAB32 nello 0.7% dei pazienti affetti da malattia di Parkinson. Allo studio hanno partecipato anche ricercatori dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano e dell’Università degli Studi di Milano.

Lo studio ha dimostrato come la mutazione del gene RAB32 aumenti significativamente l’attività chinasica della proteina LRRK2, le cui mutazioni rappresentano una tra le forme genetiche più comuni della malattia di Parkinson, portando alla neurodegenerazione. I risultati dello studio contribuiscono quindi a spiegare le cause genetiche e i meccanismi patogenetici della malattia. Il Centro Parkinson e Disturbi del Movimento di Auxologico, oltre ad essere attivamente coinvolto nella ricerca sulla malattia, offre una presa in carico globale e multidisciplinare del paziente, che comprende l’inquadramento diagnostico, il follow up ed il trattamento.

Questo studio rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione della malattia di Parkinson,” commenta il Prof. Nicola Ticozzi, Direttore della U.O. di Neurologia dell’ Auxologico e professore associato di Neurologia all’Università di Milano, coautore dello studio. “L’identificazione di un nuovo gene associato alla malattia offre nuove opportunità per la ricerca e il trattamento. Sapere che il gene RAB32 è coinvolto nella patogenesi della malattia permetterà infatti di esplorare nuovi percorsi biologici e potenziali target terapeutici.”

Dal punto di vista pratico questa scoperta potrebbe avere implicazioni notevoli per i pazienti. In primo luogo, potrebbe migliorare la capacità di diagnosticare la malattia di Parkinson in stadi più precoci, soprattutto nei casi familiari, permettendo interventi tempestivi. In secondo luogo, una migliore comprensione del ruolo di RAB32 e LRRK2 nella malattia potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci mirati che agiscono su questi specifici meccanismi patogenetici, migliorando così le opzioni di trattamento disponibili.

In ultimo, un miglioramento nella diagnosi e nel trattamento della malattia di Parkinson non solo può migliorare la qualità della vita dei pazienti, ma può anche ridurre l’onere economico e sociale associato a questa malattia.(AGI)

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