Roma – Uno studio pubblicato sulla rivista European Journal of Radiology mostra che i radiologi lombardi sono propensi all’integrazione dell’intelligenza artificiale per migliorare la diagnostica per immagini ma ritengono il parere del professionista decisivo nel momento della scelta delle terapie.
È la conclusione di una survey pubblicata dai ricercatori del Centro Diagnostico Italiano di Milano, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Comunicazione e Tecniche di Psicologia Cognitiva dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, l’Università degli Studi di Milano e l’ASST Fatebenefratelli di Milano, che ha analizzato approfonditamente la percezione dell’intelligenza artificiale da parte di 232 radiologi della SIRM Lombardia, indagando la soddisfazione per gli strumenti basati sull’AI, la tendenza all’innovazione e all’ottimismo per il futuro della professione.
Ne emerge che i radiologi al di sotto dei 30 anni e quelli con più di 60 anni sono i più favorevoli all’uso dell’AI, anche se i primi si sentono meno preparati nella conoscenza della tecnologia rispetto ai secondi. La fascia di intervistati che va dai 30 ai 60 anni è invece quella più scettica sull’impatto positivo dell’intelligenza artificiale.
“Emerge una marcata esigenza di formazione, specie tra i giovani che non sentono di avere una preparazione adeguata per sfruttare appieno queste tecnologie avanzate. Fondamentale quindi collaborare con gli atenei per sviluppare curricula che rispondano ai bisogni della pratica radiologica e affrontino le implicazioni medico-legali associate all’uso dell’AI: un approccio formativo proattivo, in aula e sul campo, è essenziale per garantire che l’integrazione dell’AI sia efficace, responsabile ed allineata con le aspettative di professionisti e pazienti” – afferma Marco Alì, responsabile dei processi gestionali della ricerca del CDI e responsabile dello studio.
La crescente integrazione dell’AI nella pratica clinica è vista come un’opportunità e la maggior parte degli intervistati ritiene che l’AI offra un valido supporto per una caratterizzazione più accurata delle anomalie nelle immagini radiologiche. Fanno eccezione i professionisti della radiologia mammaria: si sentono più minacciati dalla tecnologia che si sta particolarmente diffondendo proprio nella pratica di questa specializzazione.
“Questo lavoro completa un’analisi avviata lo scorso anno sulla percezione di oltre duemila pazienti: il 76% dichiarava di non sentirsi a proprio agio con una diagnosi fatta esclusivamente dall’AI senza la supervisione del radiologo e gli stessi radiologi ci confermano di ritenere il loro intervento decisivo nel momento della diagnosi approfondita e della scelta delle terapie. Avere un quadro completo su specialisti e pazienti ci consente di pensare a servizi più integrati e accettabili, migliorando comunicazione e fiducia nell’AI” – spiega Michaela Cellina, medico radiologo presso ASST Fatebenefratelli Sacco.
“L’AI sta diventando una parte chiave della diagnostica e aiuta i radiologi a interpretare le immagini con più precisione e rapidità. L’obiettivo è che possa prevedere diagnosi basate sulle caratteristiche dei pazienti, avvicinandoci alla medicina personalizzata. Ma c’è ancora molto da fare e bisognerà sempre integrarla con il giudizio clinico umano per il bene dei pazienti” – conclude Sergio Papa, direttore dell’Unità di Innovazione, Ricerca e Sviluppo del Centro Diagnostico Italiano.(30Science.com)