Roma – Le aziende che utilizzano l’intelligenza artificiale per monitorare il comportamento e la produttività dei dipendenti possono aspettarsi che questi si lamentino di più, siano meno produttivi e decidano licenziarsi in misura maggiore, a meno che la tecnologia non venga inquadrata come un sostegno al loro sviluppo. Lo rivela una ricerca della Cornell University, riportata su Communications Psychology. Secondo la ricerca, gli strumenti di sorveglianza provocano nelle persone una maggiore perdita di autonomia rispetto alla supervisione da parte degli esseri umani. “Le aziende e le altre organizzazioni che utilizzano queste tecnologie in rapida evoluzione per valutare i comportamenti dei dipendenti dovrebbero considerare le loro conseguenze indesiderate, che potrebbero indurre resistenza e danneggiare le prestazioni”, hanno dichiarato i ricercatori. Questi suggeriscono anche l’opportunità di ottenere un consenso, se i soggetti della sorveglianza sentono che gli strumenti sono lì per assistere piuttosto che per giudicare le loro prestazioni. “Quando l’intelligenza artificiale e altre tecnologie avanzate vengono implementate a scopo di sviluppo, le persone apprezzano il fatto di poter imparare da esse e migliorare le proprie prestazioni”, ha detto Emily Zitek, autrice del lavoro. “Il problema si presenta quando si ha l’impressione che la valutazione avvenga automaticamente, direttamente dai dati, e non si è in grado di contestualizzarla in alcun modo”, ha continuato Zitek. I ricercatori hanno condotto quattro esperimenti che hanno coinvolto quasi 1.200 partecipanti in totale. In un primo studio, quando è stato chiesto loro di ricordare e scrivere i momenti in cui sono stati monitorati e valutati da uno dei due tipi di sorveglianza, i partecipanti hanno riferito di sentirsi meno autonomi sotto l’IA e di essere più propensi a mettere in atto “comportamenti di resistenza”. Due studi hanno chiesto ai partecipanti di lavorare in gruppo per fare un brainstorming di idee per un parco a tema, poi di generare individualmente idee su un segmento del parco. È stato detto loro che il loro lavoro sarebbe stato monitorato da un assistente di ricerca o da un’intelligenza artificiale, quest’ultima rappresentata nelle videoconferenze Zoom come “AI Technology Feed”. Dopo alcuni minuti, l’assistente umano o l’IA hanno comunicato che i partecipanti non avevano abbastanza idee e che avrebbero dovuto impegnarsi di più. Nei sondaggi successivi a uno studio, oltre il 30% dei partecipanti ha criticato la sorveglianza dell’IA, rispetto a circa il 7% che ha criticato il monitoraggio umano. Al di là delle lamentele e delle critiche, i ricercatori hanno scoperto che coloro che pensavano di essere monitorati dall’IA hanno generato meno idee, il che indica un rendimento peggiore. “Anche se i partecipanti hanno ricevuto lo stesso messaggio in entrambi i casi, ovvero che dovevano generare più idee, lo hanno percepito in modo diverso quando proveniva dall’IA piuttosto che dall’assistente di ricerca”, ha affermato Zitek. “La sorveglianza dell’IA li ha portati a ottenere risultati peggiori in più studi”, ha precisato Zitek. In un quarto studio, ai partecipanti che immaginavano di lavorare in un call center è stato detto che gli esseri umani o l’IA avrebbero analizzato un campione delle loro chiamate. Per alcuni, l’analisi sarebbe stata utilizzata per valutare le loro prestazioni; per altri, per fornire un riscontro di sviluppo. Nello scenario dello sviluppo, i partecipanti non hanno più percepito la sorveglianza algoritmica come una violazione della loro autonomia e non hanno segnalato una maggiore intenzione di licenziarsi. “Le aziende che cercano di implementare questo tipo di sorveglianza devono riconoscere i pro e i contro”, ha osservato Zitek. “Dovrebbero fare il possibile per renderla più evolutiva o per garantire che le persone possano aggiungere una contestualizzazione”, ha aggiunto Zitek. “Se le persone sentono di non avere autonomia, non saranno felici”, ha concluso Zitek. (30Science.com)
Lucrezia Parpaglioni
Controllare i lavoratori con l’IA non è una buona idea: riceverete più lamentele
(9 Luglio 2024)
Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.