Roma – Rilevata l’imprecisione e l’incoerenza dei punteggi di rischio poligenico, o PRS, nella selezione embrionale. A farlo uno studio condotto dai ricercatori della Graduate School of Medicine dell’Università di Tokyo, in Giappone, presentato all’ European Society of Human Genetics annual conference. I PRS sono stime della suscettibilità di un individuo a uno specifico tratto complesso e si ottengono aggregando in un’unica cifra gli effetti di decine, migliaia e, potenzialmente milioni, di varianti genetiche associate a quel determinato tratto. Alcune aziende private commercializzano ora lo screening embrionale PRS ai futuri genitori attraverso l’uso della fecondazione in vitro e dei test genetici preimpianto. Sebbene il PRS abbia un grande potenziale di predizione negli individui nati vivi, per lo più adulti, la sua accuratezza è ancora lontana dall’essere perfetta. “E – hanno osservato gli scienziati giapponesi – ciò è risultato ancora più vero per il suo uso nella selezione degli embrioni preimpianto, o PGT-P”. Utilizzando simulazioni computazionali su larga scala e i dati della BioBank Japan, Shinichi Namba, del Dipartimento di Informatica del Genoma della Graduate School of Medicine dell’Università di Tokyo, in Giappone, e i suoi colleghi hanno costruito PRS per il PGT-P, al fine di prevedere l’altezza da adulti e il rischio di diabete di tipo 2, T2D, in embrioni. Gli scienziati hanno selezionato in modo casuale 500 maschi e 500 femmine e hanno simulato delle coppie. Da ognuna di queste coppie hanno simulato dieci embrioni e poi hanno applicato i sei metodi PRS più diffusi per prevedere l’altezza e i dati sul diabete per questi embrioni. Quando hanno valutato gli embrioni “migliori”, cioè quelli che si prevedeva fossero i più alti e quelli con il minor rischio di diabete selezionati da ciascun metodo, sono rimasti sorpresi nel constatare che c’era poca o nessuna concordanza tra loro. “Non ci aspettavamo una tale mancanza di robustezza: nessuna combinazione dei due metodi PRS ha selezionato lo stesso embrione più della metà delle volte”, ha affermato Namba. “L’embrione più basso, classificato con un metodo, poteva essere il primo classificato con un altro”, ha proseguito Namba. “Ancor peggio – ha notato Namba- la semplice ripetizione dello stesso metodo produceva ogni volta una valutazione diversa dell’embrione, e questo schema era lo stesso quando si effettuava lo screening sia per l’altezza che per la T2D”. “Non esiste un unico metodo all’avanguardia e i singoli ricercatori utilizzano quello che preferiscono, ma i nostri risultati sono stati così conclusivi e possiamo affermare con sicurezza che i punteggi PRS negli embrioni sono fondamentalmente inutili al momento”, ha evidenziato Namba. “Non ha molto senso seguire questa ricerca fino a quando la tecnologia non migliorerà”, ha specificato Namba. Molte condizioni sono causate da una combinazione di genetica e ambiente e le PRS sono in grado di catturare solo parti della componente genetica rilevante, che è di per sé molto complessa e difficile da analizzare. L’uso di screening PRS per selezionare un embrione “adatto” significa che molti embrioni dovrebbero essere scartati, forse inutilmente, e questo non sarebbe etico. Nel contesto del trattamento della fertilità, di solito ci sono pochi embrioni tra cui scegliere, quindi è importante che la scelta di uno piuttosto che di un altro sia basata su prove solide. “Mentre i test preimpianto per le condizioni con un’unica causa genetica sono basati sull’evidenza, non è così per i PRS”, ha dichiarato Namba. “Credo che le aziende che vendono questo servizio ai futuri genitori debbano ammetterne chiaramente i limiti e riconoscere la natura imprecisa e incoerente dei risultati”, ha aggiunto Namba. “E – ha continuato Namba – sebbene comprendiamo il desiderio di avere un bambino sano, se mai dovessimo arrivare a una fase in cui l’accuratezza di questa tecnologia è molto migliorata, non dovrebbe essere resa ampiamente disponibile senza che si svolga un dibattito a livello sociale”. “Questi risultati sono perfettamente in linea con la raccomandazione dell’ESHG sull’uso dei punteggi di rischio poligenico nei test genetici preimpianto, ovvero che al momento non è provato e non è etico”, ha aggiunto Alexandre Reymond, del Centro di Genomica Integrativa dell’Università di Losanna, Losanna, Svizzera, e presidente della conferenza. (30Science.com)
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