Roma – I cani possono emulare le azioni umane da proiezioni video bidimensionali. Lo rivela un nuovo studio condotto dai ricercatori del Dipartimento di Etologia dell’Università Eötvös Loránd di Budapest, in Ungheria, pubblicato su Biologia Futura. La ricerca ha rilevato che, le capacità cognitive dei cani di elaborare e replicare azioni osservate in proiezioni video 2D sono eguali alle loro esperienze di osservazione quotidiana degli esseri umani. Utilizzando il metodo di addestramento ‘Do as I Do’, i ricercatori hanno addestrato due cani, Tara, un Golden Retriever maschio, e Franc, un Labrador Retriever femmina, a perché riproducessero le azioni umane, prima attraverso dimostrazioni dal vivo e poi visualizzate su uno schermo. L’allestimento prevedeva proiezioni video a grandezza naturale trasmesse in streaming tramite un software per conferenze online, consentendo l’interazione in tempo reale tra i cani e i loro proprietari, che si trovavano in remoto. Ad esempio, il proprietario girava in cerchio davanti alla telecamera del suo dispositivo e invitava verbalmente il cane a farlo. Il cane, dopo aver osservato questa azione sullo schermo, doveva replicarla. L’esperimento ha testato la capacità dei cani di imitare azioni osservate da tre diverse angolazioni della telecamera: frontale, laterale e dall’alto. Le azioni testate comprendevano, tra l’altro, camminare all’indietro, ruotare orizzontalmente, premere il pulsante di un cicalino e sdraiarsi. Inoltre, è stata testata l’abilità dei cani nell’emulare azioni nuove, non incluse nell’addestramento, come raccogliere un oggetto, toccare un palo con il naso e far cadere una bottiglia d’acqua. I risultati hanno mostrato che i cani erano in grado di replicare azioni osservate da angolazioni frontali e laterali, prospettive di osservazione che si incontrano comunemente nella vita quotidiana dei cani con gli esseri umani. Tuttavia, gli animali hanno incontrato difficoltà quando hanno cercato di imitare le azioni da una prospettiva dall’alto, che è, per loro, un punto di vista meno familiare. L’uso del paradigma di imitazione ‘Do as I Do’ è qualcosa di simile di chiedere ai cani: “Che cosa ho appena fatto?”, mostrando loro sullo schermo varie azioni umane con diverse angolazioni della telecamera. I cani hanno risposto eseguendo azioni corrispondenti in base a come hanno percepito ed elaborato la dimostrazione. “Ad esempio, una delle azioni dimostrate comprendeva l’abbattimento di una bottiglia di plastica, mostrato da una visuale dall’alto; il mio cane Tara ha osservato la mia dimostrazione sullo schermo, ha cercato la bottiglia nella sua stanza, davanti allo schermo, e l’ha buttata giù”, ha detto Fumi Higaki, coautrice e proprietaria di Tara. “Ma – ha aggiunto Higaki – ha faticato a replicare altre azioni con una visione dall’alto”. “Lo studio, anche se solo esplorativo, non solo fa progredire la nostra comprensione del modo in cui i cani percepiscono e interpretano le azioni umane, ma soprattutto, questo metodo innovativo potrebbe ampliare la ricerca su diverse altre potenziali abilità cognitive e potrebbe essere esteso anche ad altre specie”, ha affermato Claudia Fugazza, ricercatrice principale. Il metodo di addestramento ‘Do as I Do’ è stato impiegato per studiare le capacità imitative non solo dei cani, ma anche dei gatti, delle orche e di varie altre specie. (30Science.com)
Lucrezia Parpaglioni
I cani posso essere addestrati anche online
(16 Maggio 2024)
Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.