Lucrezia Parpaglioni

Evitare l’esposizione a sostanze tossiche in gravidanza riduce il rischio di autismo e ADHD nei bambini

(29 Marzo 2024)

Roma – L’autismo e il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, o ADHD, potrebbero essere prevenibili nei bambini semplicemente con alcune accortezze da parte dei genitori, come evitare le esposizioni della madre a sostanze tossiche, prima e durante la gravidanza. Lo rivela uno studio condotto dai ricercatori dell’University of Texas Health Science Center di San Antonio, pubblicato su Journal of Xenobiotics. Un’indagine basata sulla popolazione di quasi 8.000 adulti statunitensi, che ha utilizzato i dati del questionario, Quick Environmental Exposure and Sensitivity Inventory, o QEESI, ha rilevato che i genitori con punteggi di intolleranza chimica superiore al 10% avevano una probabilità 5,7 volte maggiore di riferire di avere un figlio con autismo e 2,1 volte con ADHD, rispetto ai genitori in cui questa era inferiore al 10%. I risultatifanno riferimento ad uno studio del 2015 dell’UT Health San Antonio che, per la prima volta, ha collegato l’intolleranza chimica nei genitori con il rischio che i loro figli sviluppino autismo e ADHD. “Questo è il primo articolo in assoluto nella letteratura medica che dimostra che l’intolleranza chimica nei genitori può predire il rischio di autismo e ADHD nei loro figli e suggerisce che la riduzione dell’esposizione prima e durante la gravidanza potrebbe aiutare la prevenzione”, ha dichiarato Claudia S. Miller, del Dipartimento di Medicina di Famiglia e di Comunità dell’UT Health San Antonio. “Finora la maggior parte degli interventi è stata di tipo comportamentale o medico, dopo la diagnosi del bambino”, ha continuato Miller, che è anche l’autrice principale. I ricercatori sottolineano che lo studio è di tipo osservazionale e che sono necessarie ulteriori ricerche mediante studi controllati per confermare la causalità ed esplorare ulteriormente il meccanismo proposto alla base dell’intolleranza chimica. “Tuttavia – hanno dichiarato i ricercatori – le implicazioni di questo studio, se confermate, potrebbero essere significative per le misure preventive e le strategie di intervento precoce nelle famiglie in cui i genitori hanno sviluppato un’intolleranza chimica”. “Raccomandiamo che tutti i futuri genitori siano valutati per l’intolleranza chimica in età precoce”, hanno aggiunto gli autori. “Il nuovo studio si inserisce in un contesto di aumento del 317% della prevalenza dell’autismo dal 2000, che ora si riscontra in un bambino su 36 nel Paese, come riportano i dati dei Centers for Disease Control and Prevention e anche la prevalenza dell’ADHD è salita a un bambino su otto, sempre secondo i CDC”, hanno evidenziato i ricercatori. Miller e colleghi, nel 2021, hanno scoperto una forte associazione tra l’intolleranza alle sostanze chimiche e i “mastociti”, considerati i primi soccorritori del sistema immunitario, che hanno origine nel midollo osseo e migrano verso l’interfaccia tra i tessuti e l’ambiente esterno, dove poi risiedono. Quando sono esposti a “xenobiotici”, sostanze estranee come sostanze chimiche e virus, possono rilasciare migliaia di molecole infiammatorie chiamate mediatori. Questa risposta provoca reazioni di tipo allergico, alcune molto gravi. Queste cellule possono essere sensibilizzate da una singola esposizione acuta agli xenobiotici o da ripetute esposizioni di livello inferiore. In seguito, anche bassi livelli di queste e altre sostanze non correlate possono indurre i mastociti a rilasciare i mediatori che possono portare a infiammazioni e malattie. Nel loro ultimo studio, i ricercatori hanno stabilito che gli alti punteggi di intolleranza chimica tra i genitori di bambini con autismo, insieme alla scoperta del 2021 dell’attivazione dei mastociti come biomeccanismo plausibile per l’intolleranza chimica, suggeriscono che: il questionario QEESI può identificare i soggetti a maggior rischio; la consulenza ambientale, come le visite domiciliari personalizzate per valutare i rischi a casa, può ridurre l’esposizione personale a possibili fattori scatenanti come pesticidi, profumi e fumo di tabacco, in particolare durante la gravidanza e l’infanzia; l’aumento globale dell’autismo e dell’ADHD può essere dovuto a tossici biogenici e derivati dai combustibili fossili che “accendono” o “spengono” i geni critici dei mastociti che possono essere trasmessi per via transgenerazionale. Secondo gli scienziati, una volta sensibilizzati i mastociti, diversi xenobiotici che non hanno mai infastidito la persona in questione e che non creano danni alla maggior parte delle persone, scatenano sintomi multisistemici che aumentano e diminuiscono nel tempo. Inoltre, gli scienziati ritengono che l’attivazione e l’attivazione persistente dei mastociti possa essere alla base dell’infiammazione cerebrale nell’autismo. “Il ruolo potenziale dei tossici ambientali nell’influenzare l’epigenetica e la funzione dei mastociti è un’area di ricerca complessa ed emergente”, hanno precisato i ricercatori. “Riconoscendo la necessità di ulteriori prove, speriamo che questo studio contribuisca a migliorare la comprensione del ruolo potenziale dei fattori ambientali nell’aumento globale dell’autismo e dell’ADHD”, hanno concluso gli autori. (30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.