Valentina Di Paola

Scoperte le ragioni genetiche di come abbiamo perso la coda

(28 Febbraio 2024)

Roma – La produzione di una proteina isoforma potrebbe essere la responsabile genetica che ha portato alla perdita della coda negli esseri umani e nelle grandi scimmie. Questo, almeno, è quanto emerge da uno studio, descritto sulla rivista Nature, condotto dagli scienziati della New York University Langone Health, della Clemson University e della Loyola University. Il team, guidato da Bo Xia, Jef Boeke e Itai Yanai, ha analizzato 140 geni legati allo sviluppo della coda dei vertebrati per rintracciare le basi genetiche di questo importante cambiamento evolutivo. A differenza di altre specie di primati, gli ominoidi, un gruppo che comprende esseri umani, gli scimpanzé, i gorilla, gli oranghi e i gibboni, sono privi di coda, uno dei passaggi più evidenti avvenuti lungo il lignaggio evolutivo. Gli scienziati ipotizzano che la perdita della coda possa dipendere dall’inserimento di un elemento genetico specifico nel gene TBXT. Per convalidare la propria teoria, i ricercatori hanno generato modelli murini che esprimevano diverse forme del gene. In effetti, riportano gli autori, i topi che esprimevano la proteina isoforma non avevano la coda o avevano una coda accorciata, a seconda della quantità relativa espressa nella gemma della coda embrionale. Allo stesso tempo, l’indagine ha rivelato che gli animali associati a una manifestazione specifica del gene potevano sviluppare difetti del tubo neurale, una condizione che colpisce circa un neonato su mille. Questi risultati, concludono gli scienziati, suggeriscono che la perdita della coda potrebbe essere dipesa da un costo adattativo del potenziale di difetti del tubo neurale, come la spina bifida, che si verifica quando la colonna vertebrale non si sviluppa correttamente. (30science.com)

Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).