Roma – Quando viene diagnosticato un tumore negli uomini, in un caso su cinque è alla prostata (fonte: International Agency for Research on Cancer/World Health Organization-WHO). Proprio per la sua alta frequenza, il tumore alla prostata è tra le patologie più studiate al mondo. Tuttavia molti aspetti rimangono ancora poco compresi come ad esempio le origini molecolari dell’infiammazione cronica dei tessuti e la sua relazione con lo sviluppo e il trattamento di questo tipo di cancro. In Trentino di recente con uno studio si è fatta una mossa in avanti per mettere il tumore sotto scacco. Gli scienziati e le scienziate hanno infatti decifrato un meccanismo con cui l’infiammazione della ghiandola prostatica promuove l’immunità antitumorale innata. I risultati sono stati pubblicati nei giorni scorsi in un articolo sulla rivista scientifica Embo Journal, di cui sono “corresponding authors” Andrea Lunardi e Alessandro Alaimo, rispettivamente coordinatore e postdoc dell’Armenise-Harvard Laboratory of Cancer Biology & Genetics al Dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata (DiCibio) dell’Università di Trento.
Lo studio apre spiragli per affrontare in modo nuovo un cancro che è definito “immunologicamente freddo” perché è caratterizzato da una scarsa presenza di cellule del sistema immunitario. La conseguenza è che le cellule tumorali faticano a essere riconosciute ed eliminate dalle cellule immunitarie.
Il lavoro sull’immunologia del tumore prostatico è frutto di un’ampia collaborazione tra ricerca e clinica, che vede protagoniste l’Università di Trento e l’Azienda provinciale per i servizi sanitari della Provincia autonoma di Trento. I risultati sono stati ottenuti grazie al sostegno di finanziamenti locali e internazionali e il coinvolgimento anche di altre istituzioni italiane ed europee.
A coordinare i gruppi di ricerca sono stati i ricercatori e ricercatrici del Dipartimento Cibio dell’Università di Trento. Qui da un decennio l’Armenise-Harvard Laboratory of Cancer Biology and Genetics è impegnato nella ricerca sul cancro alla prostata grazie al sostegno della Fondazione Armenise-Harvard, della Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, della Lega italiana per la lotta contro i tumori (Lilt), della Fondazione trentina per la ricerca sui tumori (Ftrt) e del Ministero dell’università e della ricerca (Mur). Sulla medesima tematica, inoltre, lavorerà per i prossimi tre anni Elisa Marmocchi, vincitrice della borsa di dottorato finanziata di recente dalla Fondazione Pezcoller. A firmare l’articolo per UniTrento, assieme ad Alessandro Alaimo e Andrea Lunardi, sono Sacha Genovesi, Nicole Annesi, Dario De Felice, Alice Macchia, Yari Ciani, Federico Vannuccini, Vera Mugoni, Michela Notarangelo, Michela Libergoli, Francesca Broso, Martina Cortese, Erik Dessi, Massimo Pizzato, Alessandro Romanel e Francesca Demichelis (Dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata dell’Ateneo).
Al loro fianco, per la rilevante parte clinica, tra gli autori dell’articolo vi sono esponenti di unità operative dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari. Si tratta di Mattia Barbareschi (direttore di Anatomia patologica dell’Ospedale Santa Chiara di Trento e docente del Centro per le scienze mediche di UniTrento) con Giovanni Bertalot (anche docente UniTrento) e Francesco Giuseppe Carbone (della stessa unità). Tra gli autori c’è anche Orazio Caffo (direttore di Oncologia medica – Trento), che tra l’altro ha ricevuto un finanziamento dalla Fondazione Pezcoller per un progetto sul tumore prostatico che si sta svolgendo in collaborazione con il gruppo di ricerca guidato da Andrea Lunardi all’Università di Trento. Altra unità operativa coinvolta è il laboratorio di Patologia clinica – multizonale diretto da Adriano Anesi.
Partner sono inoltre le università di Berna, Torino, Insubria, Milano San Raffaele e l’Istituto oncologico veneto di Padova.(30Science.com)
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Tumori: UniTrento, una mossa per mettere il cancro alla prostata sotto scacco
(23 Febbraio 2024)
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