Neuralink, Tonin (UniPadova), da considerare i rischi di una interfaccia invasiva

Roma – “Per quanto sia interessante l’idea di installare un dispositivo nel cranio, è importante valutare anche i potenziali rischi di un’interfaccia così invasiva”. Così Luca Tonin, ricercatore presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova, commenta con l’AGI i risultati preliminari della startup Neuralink, di Elon Musk. L’amministratore delegato di Tesla ha infatti comunicato il primo impianto cerebrale in un essere umano, con risultati iniziali “promettenti”. Scopo dell’applicazione vuole essere quello di potenziare le capacità umane, curare disturbi neurologici come il Parkinson e porre le basi per una relazione simbiotica tra intelligenza artificiale e uomo. “Dal punto di vista applicativo – aggiunge Tonin – non ci sono grandi novità. Da 30 anni ci sono infatti studi e ricerche che esplorano la possibilità di impiantare elettrodi nel cervello per controllare dispositivi esterni, come braccia o protesi robotiche”. “La tecnologia nel frattempo ha subito notevoli innovazioni – continua lo scienziato – per cui ovviamente, rispetto agli ultimi risultati, Neuralink offre un avanzamento per quanto riguarda gli elettrodi stessi e i metodi di impianto”. Il ricercatore precisa però che l’interfaccia uomo-macchina di Musk è altamente invasiva, perché necessita di un intervento operatorio sul cervello. “Bisogna considerare – spiega – che un corpo estraneo impiantato nella corteccia può provocare diverse tipologie di rischio, come il pericolo di infezione o di rigetto. Oltre alla procedura di inserimento, ci sono quindi molti aspetti da tenere presenti quando si parla dei possibili effetti negativi di Neuralink. Sappiamo che tutto ciò che ruota attorno al personaggio di Elon Musk suscita una grande risonanza mediatica, ma è importante sottolineare che risultati simili possono essere ottenuti anche grazie a interfacce meno invasive”. (30Science.com)