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Femminicidi: ricerca UniPd coinvolge condannati per studiare “cosa vede altra parte”

(12 Dicembre 2023)

Roma – La violenza di genere è un fenomeno dilagante che va prevenuto. Barzellette sessiste, stalking, salari più bassi, matrimoni forzati, femminicidi, mutilazioni genitali, violenza domestica, prostituzione forzata, violenza sessuale, molestie sessuali, abuso sessuale, uso di acidi e delitto d’onore sono solo sono solo alcune delle varie forme di violenza a cui le donne sono esposte in tutto il mondo.

Nell’articolo pubblicato su «The Arts in Psychotherapy» con il titolo “Gender-based violence comes on the scene: Creative Arts Therapies intervention in prison with men who committed or tried to commit feminicide” firmato dal gruppo di ricerca della Professoressa Ines Testoni, direttrice del Corso di perfezionamento in Creative Arts Therapies per il supporto alla resilienza dell’Università di Padova, sono presentati i risultati di un intervento psicodrammatico intermodale volto a contrastare il rischio di futuri comportamenti violenti.

Sei detenuti di un istituto di pena, che hanno commesso o tentato di commettere un femminicidio, hanno partecipato a sessioni di psicodramma: si sono valutati la motivazione preliminare dei partecipanti al programma, gli aspetti dell’intervento, i cambiamenti personali e relazionali e le riflessioni sui ruoli di genere. La ricerca realizzata dal team della professoressa Ines Testoni si è svolta in due tappe, in anni differenti, e a differenza degli interventi sporadici che normalmente avvengono in carcere si è potuto rilevare il cambiamento degli atteggiamenti che sottostanno al comportamento violento contro la donna.

Le Creative Arts Therapies (CAT) sono tecniche che utilizzano i diversi canali espressivi delle arti per permettere alle persone di accedere a parti del Sé rimaste segregate nell’inconscio o nella segretezza della rimozione o più banalmente nell’inconsapevolezza e di aprirle al circuito comunicativo con gli altri. Questa dinamica permette loro di potersi guardare, scoprire qualcosa che ignoravano del proprio rapporto con il mondo e con sé stesse.

Il primo passo è stato motivare i partecipanti a prendere da un lato consapevolezza delle rappresentazioni implicite che hanno fatto loro credere di potersi comportare liberamente e senza freni nei confronti della loro vittima, dall’altro che nella vita è necessario saper riconoscere le proprie emozioni, nominarle e gestirle nella relazione con l’altro nell’autocoscienza e nella condivisione con la società in cui si vive.

Il risultato di questo intervento di gruppo volto alla sensibilizzazione della coscienza (consciousness raising) ha rivelato che: i partecipanti non avevano mai problematizzato la questione e non avevano mai considerato la donna come “altra”, ma di averla idealizzata come madre che deve accudirli e rispondere a tutti i loro bisogni.

Le motivazioni dei detenuti a partecipare al programma, come indica la ricerca, sono state dettate dalla necessità di un confronto con qualcuno, dal “togliersi la maschera” che rende le interazioni con altri superficiali, uscire dalla routine della vita da ristretto e lavorare su sé stessi e riflettere sulla propria esistenza.

L’intervento con le Creative Arts Therapies e la condivisione di esperienze e sentimenti è stato considerato dai partecipanti utile per accedere a ricordi e riflettere sulle proprie emozioni; la tecnica dell’inversione di ruolo e dell’assunzione del ruolo di io ausiliario ha dato ai partecipanti la possibilità di sperimentare il significato del “vedere” un’altra prospettiva e di guardare con altri occhi; di accedere al loro mondo interiore e di esprimerlo sinteticamente in un’immagine.

Vi sono stati dei cambiamenti sia a livello personale che relazionale: i partecipanti hanno sottolineato come l’intervento di psicodramma li abbia aiutati ad acquisire nuovi modi di comportarsi e interagire con gli altri; la qualità delle relazioni che si sono sviluppate tra loro sono state ritenute utili come risorsa spendibile nel futuro.

Riflessioni sui ruoli di genere: l’ultimo tema ha raccolto le vecchie e nuove narrazioni dei partecipanti sulle rappresentazioni dei ruoli maschili e femminili. È emerso che l’uomo è associato a una figura forte, esente da sensibilità, dall’altra parte la donna è vista come una figura accogliente e di sostegno. Inoltre ci si aspetta che la donna sia devota al marito e alla famiglia e che mantenga questi valori anche di fronte a molestie o violenze. Alla fine del percorso i partecipanti hanno rivisto le proprie posizioni: hanno potuto riflettere sul loro bisogno di mostrarsi forti/dominanti e sulla possibilità di accedere ad aspetti più fragili e sensibili, dando un valore positivo al riconoscimento delle proprie vulnerabilità ed emozioni.

“Da questo risultato possiamo dire che se vogliamo prevenire la violenza contro le donne e quindi garantire parallelamente il benessere degli uomini bisogna creare degli spazi di consciousness raising anche per questi ultimi prima che essi diventino violenti e assassini. Sicuramente le Creative Arts Therapies possono aiutare in questo, magari a partire fin dalle scuole e da percorsi di crescita personale per gli stessi genitori e insegnanti – afferma Ines Testoni prima firma della ricerca pubblicata –. Tutte le storie di femminicidio e violenza contro le donne dimostrano che ormai gli stessi uomini sono vittime del patriarcato in quanto vivono in modo disadattivo la capacità della donna di dimostrare la propria intelligenza e di costruire una società nuova. Il cambiamento storico, avviato dopo i diritti umani universali, del contratto relazionale tra individui e nello specifico tra generi, che ha permesso alla donna di ridefinire i propri ruoli esistenziali, è ormai irreversibile – conclude Ines Testoni – e gli uomini che non riescono a gestirlo positivamente non possono che essere degli infelici disadattati che tentano di ripristinare un’idea di autorità in modo arcaico e disfunzionale per sé e per coloro che hanno la sventura di avere un rapporto con loro”.(30Science.com)

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