Roma – Valutare i possibili effetti sulla salute umana di micro e nanoplastiche inalate o ingerite. È questo l’obiettivo del progetto europeo Polyrisk, al quale partecipano 15 partner di 7 Paesi Ue, tra cui ENEA e l’Università di Utrecht (Paesi Bassi) nel ruolo di coordinatore. Lo studio prende in esame quante di queste minuscole particelle generalmente invisibili a occhio nudo vengono effettivamente inalate nel nostro corpo in scenari di vita reale come ad esempio i pedoni in strade trafficate, atleti che si allenano in ambienti chiusi su tappeti erbosi artificiali, oppure operai al lavoro in industrie tessili e della gomma sintetica; per ciò che riguarda l’esposizione da ingestione, saranno realizzati studi sull’acqua potabile.
“ENEA metterà a punto metodi per produrre microplastiche simili a quelle ambientali da utilizzare come riferimento per definire i rischi e caratterizzare i materiali plastici in scenari di vita reale”, spiega la responsabile scientifica del progetto per ENEA, Sonia Manzo, della Divisione Protezione e valorizzazione del territorio e del capitale naturale. “Questo progetto – aggiunge – punta anche a colmare le lacune in materia al fine di supportare misure normative che tengano conto di dati e analisi scientifiche sui rischi delle microplastiche per la salute umana”.
Nei primi due anni di vita del progetto, sono stati valutati e identificati i metodi e gli strumenti più idonei alla caratterizzazione e alla misura delle microplastiche in ambiente e per la definizione degli effetti tossicologici. Sono stati condotti studi di scenari di esposizione reale, in fabbriche tessili, in campi di calcio indoor, e in aree ad elevato traffico veicolare e definiti i framework di valutazione del rischio per la salute umana.
Ad aprile-maggio 2024 si svolgerà la General Assemby del consorzio Polyrisk durante il quale saranno discussi gli avanzamenti relativi ai dati prodotti nei diversi studi di esposizione e di rischio.
Micro e nanoplastiche sono così diffuse da accumularsi ormai nei tessuti di gran parte delle specie viventi e far parte della catena alimentare anche dell’uomo. Sono causate dalla dispersione nell’ambiente e frammentazione di rifiuti di plastica derivanti da oggetti di uso quotidiano come bottiglie, flaconi e imballaggi monouso, ma anche da scarti di materiali edili, industriali e agricoli.(30Science.com)