Davide Alesini e come posizione lavorativa nell’INFN sono dirigente tecnologo ai Laboratori Nazionali di Frascati e mi occupo di acceleratori di particelle elementari. All’interno dei Laboratori c’è un piano di varie attività di ricerche scientifiche, in questa divisione “acceleratori” ci occupiamo di progetto, realizzazione, test, collaudo, operazione di acceleratori di particelle per varie applicazioni.
Tra queste ci sono anche dei progetti che hanno delle ricadute esterne?
L’attività principale che c’è stata fino adesso è stata quella inerente ad acceleratori di particelle per fisica fondamentale. DAFNE ha occupato la divisione per molti anni ed è orientato proprio a ricerche di fisica fondamentale. Negli ultimi dieci o quindici anni c’è stata una apertura ad applicazioni anche al di là della fisica fondamentale: fisica applicata, fisica della materia, cioè l’utilizzo di acceleratori anche per altri ambiti di fisica, ma applicativi. Poi diciamo ci sono delle iniziative, però partono come iniziative di applicazioni in ambito industriale di tecnologie e conoscenze che abbiamo sviluppato nell’ambito di acceleratori di particelle. Nel corso della mia carriera scientifica io mi sono occupato di varie tipologie di macchine acceleratrici e, in particolar modo, anche dei cosiddetti acceleratori lineari, sia di sorgenti che di sistemi acceleranti di elettroni. Queste particelle, nella fattispecie elettroni, accelerati ad una certa energia possono essere utilizzati per varie applicazioni. Tra queste quelle utilizzate qui sono per l’applicazione di fisica. Produzione ad esempio di radiazione, di raggi X per studi molecolari, però ci sono una serie di applicazioni in ambito industriale che noi abbiamo identificato su cui abbiamo visto un potenziale mercato. E’ per questo che abbiamo spinto prima che fare un prototipo di macchina e poi per la costruzione di uno spin off. Queste applicazioni più industriali riguardano, nella fattispecie, macchine per la tomografia non distruttiva, cioè generazioni di raggi X ad una certa energia (svariati MeV), che sono più energetici rispetto a quelli dei sistemi utilizzati negli aeroporti, che consentono quindi di fare delle radiografie di motori, turbine e componenti che con i normali tubi a vuoto non sono possibili. Questo è stato il campo principale identificato da noi su cui esistono delle grandi multinazionali che già fanno sistemi costosissimi e su cui hanno fondamentalmente il monopolio, quindi la nostra idea è stata quella: con le conoscenze che abbiamo sviluppato qui all’interno di INFN, noi abbiamo messo a punto procedure di progetto, di realizzazione, di test, di operazioni, di assemblaggio che riteniamo possano avere un grosso impatto a livello di produzione di queste macchine a costi più contenuti, adattabili alle esigenze del singolo acquirente e con qualità, in termini di rendimento, affidabilità, elevatissime. E’ per questo che abbiamo lanciato questa iniziativa in questo ambito, però ce ne sono molte altre.
Che cosa è questa iniziativa?
Questo è uno spin off. L’attività è iniziata almeno un paio di anni fa con l’interesse mostrato da un imprenditore esterno all’INFN, Roberto Bonifazi di Comeb. Lui, come azienda, ha voluto investire in un’attività di R&D, per cui ha pagato INFN e la consulenza rispettiva mia e di un altro collega dell’INFN per realizzare un prototipo di una macchina in questo tipo.
Esiste questo prototipo?
Questo prototipo esiste, è funzionante, lo abbiamo testato e adesso siamo nella fase in cui, dai principi primi che abbiamo testato dobbiamo arrivare alla parte di implementazioni per poterla commercializzare e il salto richiede fondamentalmente una standardizzazione dei sistemi di produzione, un test di affidabilità sul lungo periodo, un aumento dell’intensità della radiazione e così via. Questa iniziativa era nata anche con l’ottica poi di poter dar vita ad uno spin off, che si chiama Bmix e ha sede a Roma nata un mese fa. Ci siamo costituiti e siamo due dipendenti di INFN e due imprenditori. Uno dei due è, appunto, Roberto Bonifazi che ha inizialmente spinto per finanziare e un altro imprenditore, Davide Baratto, che invece è più dedicato alla parte di commercializzazione.
In questo contesto, mi raccontavi c’erano anche altri progetti.
Ci sono altre potenziali applicazioni su cui poi in un futuro molto lontano noi vorremmo espanderci, sempre relative all’applicazione di acceleratori per macchine industriali. Nella fattispecie, con questi sistemi che producono radiazioni o producono elettroni ad elevata energia, si può direttamente irraggiare del materiale e, ad esempio, sterilizzarlo. La seconda applicazione è quella di trattare cibo per distruggere microrganismi o batteri contaminanti e quindi prolungarne la capacità di utilizzo. Su questo c’è un grande interesse a livello mondiale su macchine anche un po’ più grandi. In questo senso, siamo già stati contattati. Siamo in fase preliminare, però c’è un grande interesse anche in questo senso. C’è poi tutto il settore medicale. Su quello, per adesso, non stiamo entrando perché c’è una certa competizione, soprattutto richiede delle normative a livello ospedaliero. Però, anche lì, stessi raggi X ed elettroni possono essere utilizzati per radioterapia. Poi ce ne sono anche altre di applicazioni che si possono pensare anche su scala più grande. Ad esempio, la costruzione di chip viene fatta utilizzando una certa lunghezza d’onda a livello di radiazione per poter fare le maschere e stampare. Per poter miniaturizzare ci si sta spingendo verso la cosiddetta litografia 13.5 nanometri e ad oggi l’unica macchina funzionante che è stata fatta, non è basata sull’acceleratore, ma sul laser ed è di un’azienda americana. Fare radiazioni con acceleratori a 13.5 nanometri è possibile con macchine più grandi. Ovviamente l’impatto sarebbe dirompente nel caso in cui non riuscisse, perché si aprirebbe un mercato infinito. Sarebbe una delle nostre eventuali future applicazioni.
In questo tuo percorso, soprattutto nell’organizzazione dello spin off, come ti sei trovato dal punto di vista del supporto dell’INFN a questo percorso? Come valuti questa situazione e come pensi che possa migliorare?
Il Servizio Trasferimento Tecnologico sicuramente ci ha supportato e ci ha guidato. Ci ha incentivato, indirizzato sul business plan e quindi grazie a loro alla fine siamo riusciti a realizzare il tutto. Ritengo che ci sia una serie di punti che si potrebbero potenziare e/o inserire proprio. Ne ho identificati una serie. Dunque la prima cosa importante è questa: per un dipendente INFN statale che da solo vuole fare impresa è molto difficile anche solo capire quali sono le regole del gioco. Noi, nella nostra compagine, per fortuna ci siamo costituiti in modo tale da avere due INFN e due imprenditori. In questo senso gli imprenditori ci supportano e hanno supportato la costituzione a livello normativo societario. In questo senso, se un singolo dipendente INFN volesse partire, avrebbe bisogno di un supporto enorme proprio anche per capire quali sono le regole del gioco e in questo il Trasferimento Tecnologico può svolgere un ruolo fondamentale di formazione, cioè tentare di dare gli strumenti per dire: “Guarda devi fare questo, questo, questo, i rischi sono questi, questi, ….” Istruire il futuro fondatore di questa società sulle regole, quindi questo secondo è un aspetto importantissimo. L’altro aspetto, secondo me, fondamentale riguarda il supporto a livello finanziario pre e post costituzione. Parlo in maniera molto esplicita. Precostituzione: ci sono delle iniziative del Trasferimento Tecnologico per poter fare ricerca in una certa direzione, ma non bastano, servono molti più soldi perché per poter fare un’attività di prototipaggio precedente alla costituzione sono necessari fondi. Noi li abbiamo presi da un imprenditore privato che ha chiesto, ma non è sempre così. Dovrebbero esserci dei fondi dedicati molto più cospicui rispetto a quelli attualmente messi per portare avanti tutta l’attività di R&D propedeutica alla costituzione dello spin-off ovverosia la commercializzazione di un prodotto. Questo sia pre che post costituzione, cioè post-costituzione capisco che va sul cosiddetto aiuto di Stato, perché noi ci costituiamo come società. A parte il fatto che questo non accade in altri paesi, come Stati Uniti, Cina, eccetera dove questo avviene, soprattutto per gli spin off, le startup che partono da enti di ricerca hanno un aiuto consistente iniziale sostanziale che viene dato in n forme, soprattutto a fondo perduto. Non si può fare in Italia, però allora quello che si deve fare assolutamente è un’azione di lobby fondamentale, costante, importante, ad alto livello su finanziamenti a fondo perduto regionali e nazionali per poter dar carburante allo spin-off appena costituito. In questo senso, secondo me, INFN ha tutto il potere per andare alla Regione e dire: “Vanno messi tot milioni per spin-off della ricerca a fondo perduto.” Perché l’alternativa a questo qual è? Uno spin-off che deve nascere come si finanzia? Si finanzia con dei fondi privati, ma un privato che entra anche post costituzione finanzia e poi pretende, quindi o entra in compagine societaria oppure finanzia e poi vuole una parte cospicua. Questo può affogare uno spin-off soprattutto nelle prime fasi di vita. Un’altra cosa sono i prestiti. Lo spin-off può fare dei prestiti. Un’altra forma è quella per cui uno ha già costruito, costituito un prodotto che piazza nei mercati subito, ma nei primi anni di vita tipicamente non è così. C’è bisogno di una messa a punto e in questo processo, ripeto, iniezioni di capitale a fondo perduto sono fondamentali. Ma poi aiuto, diciamo aiuto statale su questo mi permette un commento no. Ad INFN, in caso di successo dello spin-off, entrano fondi. Perché noi paghiamo, per ogni prodotto venduto, delle royalties all’INFN. INFN è un socio senza rischio perché prende le royalties sul fatturato, c’è un ritorno immediato finanziario con cui INFN poi può pagare. Poi una società che nasce, che fa fatturato, paga le tasse, rispetta le regole e tasse pagate significa possibilità di investimento in pubblico, questo a livello più elevato.
Nel tuo percorso che percezione hai avuto da parte dei tuoi interlocutori privati? Loro come me hanno accolto e come si sono trovati nel dialogo con INFN, secondo te?
Gli imprenditori privati, nella fattispecie i soci dello spin off, per esempio, hanno avuto una percezione di apertura massima e dialogo continuo. sì. Ho recepito il fatto che ci fosse interesse comunque nel far partire un’iniziativa di questo genere, quindi non ho visto ostacoli e anche lo stesso Trasferimento Tecnologico, devo dire ci ha supportato in tutto questo processo, perché vanno fatte ovviamente tutta una serie di documenti da preparare. Sempre per quanto riguarda il supporto che il trasferimento tecnologico può dare, insieme per esempio al servizio fondi esterni, quello di individuare solo a livello regionale, nazionale ed europeo, quali sono eventuali bandi dedicati alle neoimprese. Perché noi possiamo sicuramente fare una mostra indagine e ogni tanto cercare di capire se possiamo intercettare dei finanziamenti, però avere un supporto costante può aiutare. Ci sono, anche a livello europeo, spesso delle opportunità anche di ricerca congiunta. su tutto questo diciamo. Se uno avesse un ufficio dedicato a questo, che a livello di supporto alle neo società, startup, sintetizzasse in maniera semplice, in poche righe e in che cosa consiste quali sono diciamo i termini e supportasse su questo anche l’eventuale applicazione, secondo me questo sarebbe ovviamente d’aiuto.