Roma – Il modo in cui il cibo viene fornito e consumato dagli europei rappresenta la fetta maggiore degli impatti ambientali, con una percentuale di circa il 30%. Lo dimostra una nuova ricerca, coordinata dagli scienziati della sostenibilità del Global Footprint Network in collaborazione con l’Università di Surrey, pubblicata da Nature Food. Lo studio ha analizzato il sistema alimentare dell’Unione Europea, dal 2004 al 2014, e ha rilevato che un quarto degli alimenti consumati nell’UE proviene dall’esterno del continente, evidenziando la vulnerabilità del sistema alimentare. Lo studio sottolinea la necessità di progettare, attuare e applicare politiche in ogni fase della filiera alimentare per progredire verso la strategia, Farm to Fork, pubblicata a fine maggio dalla Commissione, come parte importante dell’European Green Deal, l’ambiziosa proposta legislativa in tema di ambiente a cui ha lavorato la nuova Commissione, insediata nello scorso dicembre e in carica per i prossimi cinque anni. La strategia, Farm to Fork, è il piano decennale, messo a punto dalla Commissione europea, per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente, con misure e obiettivi che coinvolgono l’intera filiera alimentare, dalla produzione al consumo, passando per la distribuzione. L’obiettivo di fondo è rendere i sistemi alimentari europei più sostenibili di quanto lo siano oggi. Dall’azienda agricola alla tavola, i sistemi alimentari generano molte pressioni sugli ecosistemi, tra cui l’uso del suolo e i suoi cambiamenti, l’impoverimento e l’inquinamento delle acque, la perdita di biodiversità e le emissioni di gas serra. “Le persone in Europa mangiano al di sopra delle loro possibilità, in termini di importazioni, emissioni di carbonio e utilizzo di terra e acqua”, ha spiegato Roberta Sonnino del Centre for Environment and Sustainability e Fellow dell’Università del Surrey e autrice dello studio. “La tendenza a intervenire sul lato dell’offerta o della domanda non funziona”, ha detto Sonnino. “Piuttosto – ha aggiunto Sonnino – abbiamo bisogno di un approccio sistemico che li affronti insieme, oltre a considerare le politiche commerciali”. “Invece di adottare un approccio dispersivo, i governi nazionali devono attuare politiche alimentari olistiche basate su prove, come quelle contenute in questa ricerca”, ha affermato Sonnino. La domanda di risorse biologiche e di servizi ecosistemici da parte dell’umanità supera di gran lunga la capacità del pianeta di rigenerare le risorse biologiche e di sequestrare le emissioni di anidride carbonica, come dimostrato dalla progressione dell’Earth Overshoot Day, il giorno nel quale l’umanità consuma interamente le risorse prodotte dal pianeta nell’intero anno. Allo stesso modo, e per i dati analizzati nello studio, l’impronta ecologica dei residenti dell’UE ha costantemente superato la biocapacità della regione e dipende da risorse provenienti dall’esterno per soddisfare le richieste dello stile di vita dell’UE. “Il Green Deal dell’UE e la strategia Farm to Fork posizionano l’UE come leader mondiale nella transizione verso sistemi e società alimentari più sostenibili; tuttavia, poiché quasi il 25% della biocapacità, necessaria a sostenere la dieta degli abitanti dell’UE proviene da Paesi extra europei, la nostra analisi suggerisce che la sola applicazione degli stratagemmi di Farm to Fork al settore agricolo nazionale non sarà sufficiente a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione dell’UE, spostando, invece, gli impatti ambientali sui Paesi extra-UE”, ha sottolineato Alessandro Galli, del Global Footprint Network, direttore per le regioni del mediterraneo e dell’area MENA, autore principale e coordinatore della ricerca. “I soli cambiamenti sul fronte dell’offerta sono probabilmente insufficienti per rendere il sistema alimentare dell’UE sostenibile nei termini descritti dalla strategia Farm to Fork”, ha precisato Marta Antonelli, del Global Footprint Network, responsabile della BCFN Foundation e autrice dello studio. “Solo includendo le prospettive nutrizionali e di sostenibilità nelle linee guida dei piani alimentari e dietetici nazionali, si possono innescare cambiamenti nei consumi alimentari e nelle tendenze comportamentali, a beneficio della salute umana e del pianeta”, ha concluso Antonelli. (30Science.com)