Roma – È stato riscontrato un margine di errore di quasi il 300% nella diagnosi delll’ADHD e nella somministrazione di farmaci, in ambienti extraospedalieri. È quanto emerge dallo studio, condotto dai ricercatori del Center for Injury Research and Policy e del Central Ohio Poison Center del Nationwide Children’s Hospital, pubblicato su Pediatrics. L’ ADHD, ovvero il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, è uno dei problemi più comuni che coinvolge il neurosviluppo pediatrico. Nel 2019, quasi il 10% dei bambini statunitensi aveva una diagnosi di ADHD. A circa 3,3 milioni di bambini, ovvero circa 5 bambini su 100 negli Stati Uniti, vengono attualmente prescritti farmaci per l’ADHD. Gli scienziati hanno deciso di analizzare le caratteristiche e le tendenze degli errori di diagnosi extraospedaliere e di somministrazione di farmaci per l’ADHD, tra le persone di età inferiore ai 20 anni, segnalati ai centri antiveleni statunitensi dal 2000 al 2021. Secondo lo studio, il numero annuale di errori terapeutici legati all’ADHD è aumentato del 299%, nell’intervallo di tempo compreso dal 2000 al 2021. Durante il periodo di studio, sono stati segnalati ai centri antiveleni statunitensi 87.691 casi di terapie errate che riguardavano la somministrazione di farmaci legati all’ADHD. La media, per la fascia d’età presa in esame, è stata di 3.985 individui all’anno. Solo nel 2021 sono stati comunicati 5.235 errori nella prescrizione di terapie, pari a uno per bambino, ogni 100 minuti. La tendenza generale ha visto una prevalenza di errori fra i bambini di sesso maschile, con il 76%, e nella fascia di età compresa tra i 6 e i 12 anni, con il 67% degli errori. Circa il 93% degli sbagli si è verificato in ambienti domestici. Gli scenari più comuni sono stati: nel 54% dei casi l’assunzione o somministrazione inavvertita di farmaci due volte; nel 13% l’assunzione o la consegna inavvertita di un farmaco altrui, infine, nel restante 13%, l’assunzione o la ricezione di un farmaco sbagliato. “L’aumento del numero di errori terapeutici segnalati è coerente con i risultati di altri studi che riportano una crescita delle diagnosi di ADHD tra i bambini statunitensi negli ultimi due decenni, probabilmente associato a un maggiore uso di farmaci per l’ADHD”, ha dichiarato Natalie Rine, coautrice dello studio e direttrice del Centro Antiveleni dell’Ohio Centrale presso il Nationwide Children’s Hospital. Nell’83% dei casi, l’individuo non ha ricevuto cure in una struttura sanitaria; tuttavia, il 2,3% dei casi ha comportato il ricovero in una struttura sanitaria, di cui lo 0,8% in un’unità di cure critiche. Inoltre, il 4,2% dei casi è stato associato a un esito medico grave. Alcuni bambini hanno manifestato agitazione, tremori, convulsioni e alterazioni dello stato mentale. I bambini di età inferiore ai 6 anni avevano il doppio delle probabilità di incorrere in un esito medico grave e più del triplo delle probabilità di essere ricoverati in una struttura sanitaria rispetto ai bambini di età compresa tra i 6 e i 19 anni. “Poiché gli errori nella somministrazione dei farmaci, a causa dell’ADHD sono prevenibili, è necessario prestare maggiore attenzione all’educazione dei pazienti, dei genitori e degli assistenti scolastici e allo sviluppo di sistemi di distribuzione e tracciamento dei medicinali che siano a prova di bambino”, ha dichiarato Gary Smith, autore senior dello studio e direttore del Center for Injury Research and Policy del Nationwide Children’s Hospital. “Un’altra strategia potrebbe essere il passaggio dai flaconi di pillole alle confezioni a dose unitaria, come i blister, che possono aiutare a ricordare se un farmaco è già stato preso o somministrato”, ha suggerito Smith. Sebbene gli sforzi di prevenzione debbano concentrarsi sull’ambiente domestico, secondo gli esperti, occorre prestare ulteriore attenzione alle scuole e agli altri ambienti in cui i bambini e gli adolescenti trascorrono il tempo e possono potenzialmente ricevere i farmaci. (30Science.com)
Lucrezia Parpaglioni
ADHD, quasi il 300% di errori nella diagnosi
(18 Settembre 2023)
Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.