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Terapia con cellule staminali, possibile stop sicuro per una forma di Sclerosi Multipla

(26 Settembre 2023)

Roma – Una terapia con cellule staminali può rallentare in modo sicuro la progressione della Sclerosi Multipla recidivante-remittente. È quanto emerge da uno studio dell’Università di Uppsala, in Svezia, pubblicato su Journal of Neurology Neurosurgery & Psychiatry. La ricerca, di cui alcune parti sono state presentate al 49° Meeting annuale della European Society for Blood and Marrow Transplantation di Parigi, non ha rilevato l’insorgere di alcuna evidenza di attività della malattia, in due terzi dei pazienti trattati con cellule staminali, per oltre dieci anni. Il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche, o aHSCT, è solitamente utilizzato per trattare i tumori del sangue e prevede il prelievo di cellule staminali dal midollo osseo o dal sangue della persona stessa, seguito da un trattamento con chemioterapia e anticorpi. Le prove emergenti indicano che la cura è adatta al trattamento della SM recidivante-remittente, caratterizzata da episodi infiammatori distinti che causano eventi di di disabilità residua di varia portata. Ma, l’aHSCT non è ancora stato incluso nella maggior parte delle linee guida cliniche nazionali. I ricercatori hanno, quindi, voluto valutare la sicurezza e l’efficacia del suo impiego nell’assistenza sanitaria di routine, piuttosto che in condizioni di sperimentazione clinica. Gli scienziati hanno identificato 231 pazienti con SM recidivante-remittente, 174 dei quali erano stati trattati con aHSCT prima del 2020: il 2004 è stato il primo anno in cui questi pazienti sono stati curati con aHSCT. La loro età media, al momento del trattamento, era di 31 anni e quasi due terzi, circa il 64%, erano donne. L’efficacia dell’aHSCT è stata misurata analizzando i dati raccolti dal registro svedese della SM. Il suo grado di sicurezza è stato valutato esaminando le cartelle cliniche elettroniche dei pazienti, nei cento giorni successivi alla ricezione della procedura. In media, i pazienti erano affetti dalla malattia da più di 3 anni e avevano ricevuto circa 2 lotti di trattamento standard, ovvero farmaci modificanti della malattia, prima dell’aHSCT; 23, invece, non avevano ricevuto alcun trattamento.  Circa dopo una media di 3 anni di cure con aHSCT, a 20 pazienti, l’11%, è stato somministrato un farmaco modificante della malattia. Lo studio non ha mostrato alcuna evidenza di attività della malattia in quasi 3 soggetti su 4; in circa il 73%, dei pazienti trattati dopo 5 anni e in quasi due terzi, circa il 65%, dopo 10 anni. Tra i 149 pazienti con SM con una disabilità iniziale, più della metà, ovvero in 80 pazienti, il 54%, è migliorata, poco più di un terzo, il 37%, con 55 pazienti, è rimasto stabile e circa 1 su 10, ovvero 14 pazienti, con una media del 9%, è peggiorato. Il tasso di ricaduta annua è stato di 1,7 nell’anno precedente l’aHSCT e di 0,035 durante il periodo di monitoraggio, con una media di 5,5 anni. In altre parole, un paziente ha avuto, circa 1,7 ricadute nell’anno precedente al trattamento con aHSCT e una ricaduta ogni trent’anni dopo il trattamento con aHSCT. Cinque pazienti sono stati sottoposti a terapia intensiva e 61 hanno sviluppato un’infezione batterica nei cento giorni successivi al trattamento. La neutropenia febbrile, bassa conta dei globuli bianchi accompagnata da febbre elevata, è stato l’effetto collaterale più comune, che ha interessato il 68% dei casi. Altre infezioni virali sono state accertate in 23 pazienti, ovvero circa il 13%. In 3 pazienti è stata documentata la riattivazione dell’herpes zoster e in altri 3 è stata confermata un’infezione fungina localizzata. Nessuno è deceduto in seguito al trattamento. I ricercatori riconoscono che si tratta di uno studio osservazionale, senza gruppi di confronto, che preclude conclusioni definitive. “Tuttavia – hanno sottolineato gli autori – i nostri risultati dimostrano che la terapia aHSCT per la SM recidivante-remittente è fattibile nell’ambito della normale assistenza sanitaria e può essere eseguita senza compromettere la sicurezza”. “Il nostro studio conferma i risultati osservati nell’unico studio randomizzato controllato condotto finora”, hanno aggiunto gli scienziati. “Riteniamo che l’aHSCT possa giovare a un numero maggiore di pazienti con SM e che debba essere incluso come standard di cura per la SM altamente attiva”, hanno concluso i ricercatori. (30Science.com)

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