Roma – Solo il 55,3 per cento degli italiani hanno espresso il loro consenso al trapianto e quelli che sono in lista di attesa per riceverne uno sono più di ottomila. Sono i dati di una ricerca, promossa dal Centro Nazionale Trapianti in collaborazione con l’Università di Padova e pubblicati sulla rivista “British Journal of Health Psychology” con il titolo “Life beyond life: Perceptions of post-mortem organ donation and consent to donate – A focus group study in Italy”.
Le recenti notizie su tecniche che aprono nuove frontiere in campo cardiochirurgico (utilizzo di un cuore che ha cessato ogni attività elettrica da 20 minuti) stanno alimentando la speranza che il numero di trapianti in Italia possa aumentare. Tuttavia perché ciò avvenga è necessario che la persona, finché è in vita, esprima la propria volontà di donare l’organo.
In Italia la normativa che regola la donazione di organi e tessuti post-mortem risale al 1999 (legge 91 del 1 aprile) e sancisce il principio del silenzio-assenso informato. Secondo questo principio sono considerati donatori coloro i quali esprimono la volontà positiva in merito alla donazione e non donatori quelli che invece esprimono parere negativo. Nonostante questo, la normativa è ancora, dopo più di vent’anni, in una fase transitoria, per cui viene adottato il principio del consenso o dissenso esplicito in base al quale – nei casi in cui il potenziale donatore non abbia espresso alcun parere in merito – i familiari hanno la possibilità di opporsi al prelievo di organi.
Il consenso alla donazione si può formalizzare in diversi modi: al distretto ASL di appartenenza, iscrivendosi all’associazione italiana donatori organi (AIDO), on-line e all’Anagrafe comunale al momento del rinnovo della carta d’identità. Quello realizzato da CNT e dall’Università di Padova è il primo studio che prende in considerazione i diversi gruppi di popolazione direttamente coinvolti nella scelta e nel processo di donazione degli organi, nonché le persone socialmente influenti. Finora, in Italia sono state condotte poche ricerche che indagano gli atteggiamenti e le percezioni riguardo alla donazione di organi. Inoltre, in termini di risultati, questa pubblicazione aggiunge alla letteratura corrente un sistema di questioni antinomiche che caratterizzano la difficoltà di questa scelta. I ricercatori hanno inteso i dilemmi come questioni generalmente percepite da un individuo come ugualmente rilevanti, ma spesso contrastanti o opposte. I risultati della pubblicazione possono avere importanti implicazioni per lo sviluppo di strategie atte a incoraggiare il consenso alla donazione. È importante specificare che non esiste un unico modo per risolvere il divario tra domanda e offerta di organi, tuttavia, identificando i facilitatori e le barriere alla donazione sulla base dell’analisi dei bisogni, delle convinzioni, delle paure e dei dubbi degli individui, è possibile attuare interventi mirati.
Secondo i dati del Sistema Informativo Trapianti (2022) la percentuale di chi ha espresso la propria volontà sulla donazione è solo del 55,3% e 8.022 pazienti sono ancora in attesa di trapianto.
“A dispetto di un atteggiamento generalmente positivo rispetto alla donazione di organi post-mortem il numero delle espressioni di volontà è ancora troppo basso – dice la Professoressa Sabrina Cipolletta del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova, autrice della ricerca promossa dal centro Nazionale Trapianti –. Ci siamo chiesti cosa succede tra il “dire” e il “fare”. Si tratta di un importante studio su tutto il territorio nazionale per comprendere le percezioni, conoscenze, paure e difficoltà per l’espressione di volontà alla donazione degli organi post-mortem da parte della popolazione italiana. È il primo approfondimento a livello nazionale e internazionale a coinvolgere un numero così imponente di partecipanti (353) che hanno preso parte a 38 gruppi di discussione (focus group) e che rappresentano fasce diverse della popolazione e diversi ruoli professionali: professionisti socio-sanitari che lavorano in reparti d’urgenza e di lungo degenza o sul territorio, dipendenti dell’ufficio anagrafe e opinion leaders. La ricerca – afferma Sabrina Cipolletta – ha permesso di individuare le maggiori resistenze alla donazione quali le false credenze, il desiderio di mantenere l’integrità del corpo anche dopo la morte, alcune credenze religiose e la sfiducia nella scienza e nel sistema sanitario. Al contrario tra i facilitatori dell’espressione di volontà sono stati trovati l’esperienza diretta o la conoscenza di persone che hanno ricevuto un trapianto o che hanno donato i propri organi, la fiducia nella scienza e nel sistema sanitario e la scelta di donare per un bene comune, quindi per il benessere della comunità”.
Gli interventi futuri dovrebbero sostenere la scelta individuale fornendo informazioni affidabili sul processo di donazione, spiegando come esprimere la volontà di donare e utilizzando strumenti accattivanti per quanto riguarda le informazioni. Per rendere affidabili le informazioni è importante anche superare la diffidenza nei confronti delle istituzioni sanitarie e individuare quali strutture sono considerate affidabili e per quali motivi. La condivisione delle conoscenze scientifiche da parte della comunità medica può ridurre i falsi miti e aumentare la fiducia nel sistema sanitario. Le strategie di intervento per promuovere la registrazione dei donatori di organi dovrebbero tenere conto delle barriere alla donazione identificate nello studio, tra cui i falsi miti, la paura della morte e della disintegrazione del corpo e, allo stesso tempo, utilizzare come risorse i facilitatori della donazione che si è detto essere l’esperienza e la familiarità con l’argomento, la fiducia nelle istituzioni coinvolte e la responsabilità sociale.
“L’importante studio effettuato in collaborazione con l’Università di Padova ci ha confermato che in termini generali esiste nel nostro Paese una favorevole attitudine alla donazione degli organi dopo la morte da parte dei cittadini, ma questo non sempre si accompagna ad una formale registrazione di una volontà positiva – conclude Massimo Cardillo, Direttore Centro Nazionale Trapianti –. Sono necessarie per questo misure in due direzioni: da un lato rendere più semplice la manifestazione di volontà in vita, attraverso l’utilizzo di strumenti che oggi la tecnologia mette a disposizione, ma anche accompagnare questa scelta con una più diffusa informazione sull’utilità dei trapianti e sul valore della scelta donativa”.(AGI)