Roma – Il sistema di controlli in atto nei servizi trasfusionali degli ospedali italiani garantisce la sicurezza delle trasfusioni anche dalla minaccia del West Nile Virus (WNV). E lo testimonia anche quanto è successo nei giorni scorsi a un donatore di sangue di Parma che nel 2023 è stato il primo caso rilevato umano di infezione da WNV.
Nel periodo tra 2018 e 2022 sono stati 195 i donatori di sangue risultati positivi dai controlli sulle sacche di sangue, con picchi registrati nel 2018 e nel 2021 (rispettivamente 68 e 89 casi rilevati). La Regione dove sono stati trovati più donatori positivi è stata l’Emilia Romagna, con 63 casi. Seguono poi la Lombardia con 55, il Veneto con 42 e il Piemonte con 31, 3 casi sono stati poi registrati nel Friuli Venezia Giulia e uno in Sardegna.
“Il sistema di sorveglianza – si legge nella nota del Centro Nazionale Sangue (CNS) – permette di rilevare le positività al virus dei donatori asintomatici e di conseguenza protegge dal contagio i pazienti che hanno bisogno di una trasfusione. Il sistema si basa sull’attuazione del Piano Nazionale Arbovirosi 2020-2025 che mette in stretta connessione i diversi sistemi di sorveglianza (veterinaria, entomologica e umana) e prevede il monitoraggio costante del principale vettore del virus, un particolare tipo di zanzara chiamata zanzara Culex, ma anche di altri ospiti come gli uccelli e gli equini, che sono un segnale della presenza del virus.
Non appena riscontrata la positività di vettori o animali ospiti, grazie a degli appositi controlli, viene subito diramata l’allerta. Il Centro Nazionale Sangue dispone quindi l’effettuazione di esami specifici, i cosiddetti test NAT, su tutte le sacche di sangue raccolte nella provincia interessata (o nelle due province interessate qualora il virus venga rilevato in un comune vicino al confine del territorio provinciale). Questo sistema permette di attivare i controlli sui donatori prima ancora che si verifichi il contagio di un umano. Il Centro Nazionale Sangue dispone anche la sospensione per 28 giorni di ogni donatore che, pur residente altrove, abbia viaggiato in una delle zone dove è stato rilevato il virus”.
Il monitoraggio del virus dura per tutta la stagione estivo-autunnale, in concomitanza con la presenza delle zanzare, e non si limita al territorio italiano. Grazie ai bollettini dello European Centre for Disease Prevention and Control tutti i servizi trasfusionali e le unità di raccolta associativa possono individuare in tempo reale in che zone il virus è presente anche a livello europeo e mondiale, sospendendo, se necessario, i donatori che hanno viaggiato, per vacanza o lavoro, nelle zone a rischio. Anche per questo è importante comunicare, durante la visita di controllo con il medico responsabile della selezione del donatore, ogni viaggio o spostamento effettuato in tempi recenti.
“Questi numeri testimoniano l’efficacia di un sistema che ha come obiettivo quello di tutelare non solo la salute del paziente ma anche quella del donatore stesso – ha commentato il direttore del CNS Vincenzo De Angelis – È chiaro poi che qui parliamo di donatori infetti ma privi di sintomi, perché non è possibile donare sangue e plasma se si ha anche il minimo sintomo influenzale. Quando in un donatore viene riscontrata la positività al virus del West Nile è sicuramente una brutta notizia, perché vuol dire che il virus sta circolando nel nostro paese. Ma è anche una buona notizia, perché vuol dire che le trasfusioni sono sicure e le trasfusioni rappresentano la salvezza per circa 1.800 persone al giorno.
Il West un virus della famiglia dei Flaviviridae isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda. È molto diffuso in Africa e anche in America e da qualche anno è presente anche in Italia, principalmente nella zona della Pianura Padana, ma non solo. I serbatoi del virus sono gli uccelli selvatici e le zanzare del tipo Culex), le cui punture sono il principale mezzo di trasmissione all’uomo. La febbre West Nile non si trasmette da persona a persona tramite il contatto con le persone infette. La maggior parte delle persone infette (75-80%) non mostra alcun sintomo. Fra i casi sintomatici, circa il 20% presenta sintomi leggeri: febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, sfoghi cutanei. Questi sintomi possono durare pochi giorni, in rari casi qualche settimana, e possono variare molto a seconda dell’età della persona. I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette (1 persona su 150), e comprendono febbre alta, forti mal di testa, debolezza muscolare, disorientamento, tremori, disturbi alla vista, torpore, convulsioni, fino alla paralisi e al coma. Alcuni effetti neurologici possono essere permanenti. (30Science.com)