Roma – Uno studio coordinato dalla Fondazione Tettamanti, in collaborazione con Sapienza Università di Roma e altri centri di ricerca italiani, ha scoperto che l’interazione tra due proteine può essere decisiva per contrastare una delle più frequenti complicanze causate dal trapianto da donatore di cellule staminali ematopoietiche (quelle in grado di generare tutte le altre cellule del sangue). Strumento prezioso per contrastare i tumori del sangue, il trapianto causa in circa il 60% dei pazienti una patologia definita GvHD, Graft-versus-Host Disease che causa infiammazione e danno nei tessuti dell’intestino.
Al centro dello studio sono la chemerina e il suo recettore, un’altra proteina indicata con la sigla CMKLR1, presente sulla superfice di alcuni leucociti, tra cui i macrofagi, cellule di prima linea nella difesa dagli agenti patogeni e fondamentali per eliminare i “rifiuti”i presenti nei tessuti danneggiati.
E’ stato osservato che CMKLR1 interagendo con chemerina, promuove l’azione protettiva dei macrofagi a livello dell’intestino infiammato e danneggiato a causa della GvHD.
Lo studio, condotto su modelli animali e grazie all’osservazione del plasma di 71 pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali, è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale JCI -The Journal of Clinical Investigation – Insight. I risultati osservati, se confermati in un gruppo più ampio di pazienti, potranno confermare il ruolo del sistema chemerina/CMKLR1 nel controllo dell’infiammazione intestinale.
“Il nostro studio – spiega Giovanna D’Amico, ricercatrice della Fondazione Tettamanti e ultimo autore dello studio – evidenzia, per la prima volta, un coinvolgimento importante dell’asse chemerina/ CMKLR1 nella modulazione dell’infiammazione che accompagna la GvHD intestinale e l’importante ruolo protettivo svolto dai macrofagi attraverso l’espressione del recettore CMKLR1,. La nostra scoperta evidenzia l’importanza del sistema chemerina/CMKLR1 come possibile meccanismo da sfruttare terapeuticamente per incrementare la presenza di macrofagi, con azione protettiva, nell’intestino, al fine di ridurre il danno intestinale e proteggere i pazienti dalla GvHD. Inoltre, abbiamo dimostrato come l’aumento della concentrazione ematica di chemerina nei pazienti trapiantati, preceda la comparsa della GVHD. Chemerina potrebbe quindi fungere da precoce biomarcatore predittivo dell’insorgenza di questa complicanza, permettendo l’inizio tempestivo di una terapia personalizzata”.
La ricerca è stata coordinata da Giovanna D’amico ed Erica Dander, ricercatrici della Fondazione Tettamanti, in collaborazione con la Pediatria della Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza, il team del professor Silvano Sozzani della Sapienza Università di Roma, l’Humanitas Clinical and Research Center, l’Humanitas University, la Fondazione Unimi, l’Università degli Studi di Milano, l’Università degli Studi di Milano Bicocca, l’Università di Brescia, la Divisione di ematologia e l’unità di midollo osseo del San Gerardo dei Tintori di Monza. (30Science.com)