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Alluvione: Luino (SIGEA) dragare i fiumi li rende più pericolosi

(30 Maggio 2023)

Roma – “Molti sono convinti che dragare i fiumi”possa far aumentare la sezione di deflusso del corso d’acqua e migliorare l’efficienza idraulica. Asportare i sedimenti, come è stato ampiamente dimostrato da studi scientifici, altera il naturale equilibrio del corso d’acqua, che nel giro di qualche anno tenderà a definire un nuovo profilo di equilibrio aumentando la propria azione erosiva sulle sponde”. Lo ha spiegato Fabio Luino, coordinatore Nazionale Area Tematica Rischio Geo – Idrogeologico della Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA). “I corsi d’acqua – ha aggiunto – sono spesso considerati come elementi territoriali scomodi, in conflitto con le esigenze di uso del suolo, particolarmente nelle aree pianeggianti e soprattutto nell’attraversamento delle aree urbanizzate”. “Come è stato ampiamente dimostrato da studi scientifici – ha spiegato – asportare i sedimenti altera il naturale equilibrio del corso d’acqua, che nel giro di qualche anno tenderà a definire un nuovo profilo di equilibrio aumentando la propria azione erosiva sulle sponde e, se queste sono protette, asportando materiale dal fondo, determinando la scomparsa del materasso alluvionale presente e il conseguente restringimento dell’alveo stesso. Questo aumenta il rischio a valle perché accelera e concentra i deflussi (che non sono mai solamente liquidi) – ha continuato Luino –  accentua di conseguenza il picco di piena e la sua velocità di trasferimento verso valle. Inoltre, rende instabile l’equilibrio geomorfologico, generando un effetto domino: le costose opere di contenimento e di mitigazione dell’erosione realizzate lungo le sponde (scogliere, gabbionate, argini etc.) in molti punti perdono la propria funzionalità, essendo ormai sospese rispetto al corso d’acqua. A monte, oltre all’abbassamento diretto del livello del fondo nella zona di estrazione, l’escavazione modifica il profilo longitudinale, provocando un aumento locale di pendenza che tende a migrare verso monte, creando una erosione regressiva. Quindi possiamo affermare che asportare sedimenti dai corsi d’acqua comprometta inevitabilmente la stabilità delle opere longitudinali sulle sponde e anche quelle di attraversamento. In passato sono crollati ponti per sottoescavazione delle pile: nel 1966 (dopo pochi anni di estrazione) crollò il ponte di Romito sul Fiume Magra, nel 1993 il ponte della tangenziale di Biella sul Torrente Cervo, fenomeno avvenuto proprio a causa di anomali approfondimenti del fondo alveo (in Cervo sino a 6 metri) dovuti all’asportazione per decenni di grandi quantitativi di materiale ghiaioso-ciottoloso”.

“Inoltre – ha detto Luino –  l’abbassamento dell’alveo condiziona anche l’equilibrio tra acque superficiali e acque sotterranee diminuendo il livello della falda freatica e quindi della captazione delle acque nei pozzi. L’asportazione di inerti comporta anche effetti lungo le aree costiere marine provocando un deficit di trasporto solido che sbilancia il delicato equilibrio tra ingressione marina e ripascimento naturale delle spiagge che determina i dati ormai tristemente noti che vedono le nostre aree costiere marine per lo più soggette ad erosione e arretramentoGli studi che geomorfologi fluviali, ingegneri idraulici e civili da decenni conducono sui corsi d’acqua hanno dimostrato che vi sono stati molti danni in tutti i corsi d’acqua ove le ruspe hanno depauperato il letto dei corsi d’acqua da milioni di metri cubi di pietrisco: sottraendo materiale si favorisce un’ulteriore incisione e si accresce il pericolo idraulico. Il problema della gestione degli eventi alluvionali non si risolve facendo scorrere più velocemente l’acqua nei fiumi, alzando gli argini in terra o utilizzando in cemento, per mitigare le alluvioni è necessario dissipare l’energia del fiumi laminando le piene, rimuovere dagli alvei piante morte e i grandi alberi che possono incastrarsi sotto i ponti ostacolando il transito delle acque”. (30Science.com)

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