Roma – Le persone scattano fotografie di una scena dal proprio punto di vista per documentare un’esperienza fisica, mentre i selfie vengono preferiti per cogliere il significato più profondo degli eventi. Questa curiosa distinzione emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Social Psychological and Personality Science, condotto dagli scienziati dell’Università di Tubinga. Il team, guidato da Zachary Niese, ha considerato sei ricerche, che hanno coinvolto in totale oltre 2.100 partecipanti, per valutare le differenze tra le tipologie di inquadrature che le persone scelgono per immortalare determinati momenti. Le ricerche precedenti, osservano gli esperti, si sono concentrate su alcuni aspetti delle azioni riguardanti lo scatto, mentre in questo lavoro gli autori hanno preso in considerazione un approccio più ampio. Stando a quanto emerge dall’indagine, in particolare, le persone tendono a fotografare con una prospettiva esterna le esperienze fisiche, mentre le immagini che ritraggono anche se stessi, come i selfie, sono più spesso associate al tentativo di cogliere il significato profondo degli eventi. “Nella maggior parte dei casi – osserva Niese – le persone scattano le foto in modo diverso a seconda delle varie situazioni. Abbiamo scoperto che in generale i partecipanti apprezzano di più le foto quando la prospettiva selezionata corrisponde all’emozione a cui sono state associate”. “Scattare e pubblicare istantanee – aggiunge – è parte integrante della vita quotidiana di moltissime persone. I selfie e le immagini che ritraggono se stessi in determinate circostanze possono aiutare gli utenti a riconnettersi con le esperienze passate e costruire le auto-narrazioni”. Con il passare del tempo, sottolineano gli esperti, le persone diventano più consapevoli dei propri obiettivi quando immortalano i momenti significativi, fino a riuscire a preservare nel modo più efficace i ricordi e capire quando scattare una foto panoramica e quando rivolgere la fotocamera verso se stessi. “I selfie e le immagini che ci ritraggono – conclude Niese – hanno un potenziale molto più profondo di quanto si possa immaginare. Queste documentazioni potrebbero infatti favorire lo sviluppo e la comprensione di se stessi, sia in termini di esperienze di vita che in un significato più ampio”. (30science.com)
Valentina Di Paola
La scienza dei selfie
(27 Aprile 2023)
Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).