Emanuele Perugini

CNR, Approvato ’accordo internazionale su conservazione e uso sostenibile della biodiversità marina

(8 Marzo 2023)

Roma – Nell’ultima sessione tenutasi a New York dal 20 febbraio al 3 marzo 2023, presso la sede delle Nazioni Unite, la Conferenza intergovernativa ha approvato il testo finale dell’Accordo internazionale sulla conservazione e uso sostenibile della biodiversità marina delle aree oltre la giurisdizione nazionale, cioè in alto mare e nell’Area (ai sensi della Convenzione del 1982 per Area si intende il fondo e il sottofondo marino dell’alto mare).

L’accordo sarà adottato formalmente dalla Conferenza intergovernativa dopo la revisione editoriale e la traduzione del testo nelle lingue ufficiali dell’ONU. Da quel momento sarà aperto alla firma e alla ratifica degli Stati ed entrerà in vigore solo dopo che almeno 60 Stati lo avranno ratificato.

Si tratta del terzo Accordo applicativo della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 (in vigore dal 1994) che ha l’obiettivo di colmare le lacune e di implementare gli obblighi in materia di protezione dell’ambiente marino, già previsti da tale Convenzione, così come raccomandato dall’Assemblea Generale ONU con la Risoluzione 72/249 del 24 dicembre 2017.

La Conferenza intergovernativa, che si è svolta in cinque sessioni tra il 2018 e il 2023, ha discusso temi molto complessi, ad oggi mai regolamentati a livello internazionale. Il testo dell’accordo è suddiviso in dodici parti e due annessi. Le questioni di contenuto più rilevanti sono relative a:

• le risorse genetiche marine e le connesse questioni di condivisione dei benefici derivanti dal loro utilizzo;
• le misure cd. area-based management tools (ABMT), incluse le aree marine protette (MPA), per la tutela della biodiversità negli spazi marini oltre la giurisdizione nazionale;
• la valutazione di impatto ambientale;
• il capacity building ed il trasferimento di tecnologia marina.

Tra le principali e più controverse questioni contenute nel testo appena approvato, vi è la creazione di un complesso sistema decisionale finalizzato a creare aree marine di gestione sostenibile o anche aree di sola protezione nelle zone di mare oltre la giurisdizione nazionale. Tale meccanismo decisionale dovrà, in ogni caso, tenere conto e rispettare le misure gestionali e protettive già previste da altre organizzazioni internazionali, regionali o settoriali nelle aree in discussione, dagli oceani Atlantico e Pacifico fino all’Artico, ai mari dell’Antartide e a mari semichiusi come il Mediterraneo.

L’obiettivo ultimo è quello di attuare forme di protezione e di gestione sostenibile degli oceani che siano armonizzate e concordate tra tutti gli attori competenti in determinate aree marine del pianeta. Questo è un aspetto delicato che potrebbe porre problemi sia di interpretazione che di applicazione dell’Accordo, ma che rappresenta il massimo compromesso raggiungibile al fine di mettere per iscritto, nero su bianco, che le aree oltre la giurisdizione nazionale, attualmente considerate aree di libero accesso e sfruttamento, dovranno essere gestite e protette nell’interesse delle presenti e delle future generazioni.

Inoltre, grazie all’introduzione di dettagliate norme in materia di risorse genetiche marine e di valutazione d’impatto ambientale, l’Accordo mira a garantire che le attività antropogeniche nell’alto mare siano condotte in maniera sostenibile e che esse bilancino le necessità di sviluppo economico con la tutela dei fragili ecosistemi marini oltre la giurisdizione nazionale. L’utilizzazione delle risorse genetiche marine reperite nella colonna d’acqua e nei fondali marini oltre la giurisdizione nazionale, inclusa la biotecnologia, nonché la Digital Sequence Information delle risorse genetiche sono realtà economiche già significative in molti paesi industrializzati. Tale utilizzazione consiste in attività di ricerca e sviluppo relativa alla composizione genetica e/o biochimica di tutti i tipi di alghe, incluse le diatomee, le spugne e di tutte le risorse viventi non rientranti nelle attività di pesca.

Con questo Accordo, queste attività vengono finalmente regolamentate e potranno essere svolte in base ad un sistema di condivisione dei benefici monetari e non monetari da esse derivanti a favore di stati in via di sviluppo e geograficamente svantaggiati.

L’Istituto di studi giuridici internazionali (Isgi) del Cnr ha seguito questo negoziato dal 2019 attraverso la partecipazione di Gemma Andreone, dirigente di ricerca di diritto internazionale e membro della delegazione italiana. (30Science.com)

Emanuele Perugini
Sono un giornalista. Sono nato nel 1970 e ho cominciato a scrivere nel 1994. Non ho più smesso. Nel corso della mia carriera ho scritto molto di scienza, di ambiente, di salute cercando di portare la scienza e la profondità dell'analisi scientifiche in ogni ambito di cui mi sono occupato.