Valentina Arcovio

Autismo: casi in aumento, allo studio nuove terapie e strumenti diagnostici

(31 Marzo 2023)

Roma – “L’autismo è in costante e progressivo aumento di incidenza: considerata una condizione rara che colpiva 1 bambino su 5000 negli anni 80, è divenuta oggi la patologia neurologica dell’infanzia più frequente: 1 bambino su 36 secondo gli ultimissimi dati del Centro di Controllo e Prevenzione delle Malattie (CDC) americano pubblicati nel 2022”. Ad evidenziarlo è il neuropsichiatra Nicola Antonucci, direttore scientifico dell’Autism Biomedical Treatment Center di Bari, in occasione della Giornata Mondiale della Consapevolezza dell’Autismo il 2 aprile. Secondo l’Istituto superiore di sanità in Italia un bimbo su 77 presenta un disturbo dello spettro autistico. “La consapevolezza che dobbiamo avere è che l’autismo è anche un disturbo ambientale”, spiega Antonucci. “Questa nuova dimensione – sottolinea – appare solo da pochi anni sul sito dell’OMS quando discute dei casi relativi a questo disturbo. Pertanto non è più possibile descrivere l’autismo come una patologia meramente genetica, ma come una interazione tra una potenziale vulnerabilità genetica di alcuni bambini che si ammalano quando esposti ad uno o più fattori ambientali”. L’autismo dunque non p semplicemente un disturbo ma è una malattia organica. “Un recente studio su larga scala che ha esaminato le cartelle mediche di circa 2,5 milioni di individui – riferisce Antonucci – ha trovato un livello significativamente più alto della norma di patologie mediche negli adulti affetti da autismo incluso le patologie gastro-intestinali, epilessia, dislipiedimia, compromissioni della vista edell’udito, ipertensione, malattie autoimmunitarie, asma e allergie”. Inoltre, si sta sempre meglio chiarendo il tipo di compromissione cerebrale che impedisce a questi bambini di comunicare, imparare e che altera i comportamenti. “Una recente review pubblicata da un team di ricercatori svizzeri – spiega il ricercatore – ha sintetizzato chiaramente un nuovo traguardo di consapevolezza sull’autismo, come una sorta di “encefalopatia” (sofferenza del cervello, quindi malattia organica) infiammatoria, scatenata dalla compromissione patologica delle cellule neurogliali del cervello: microglia, astrociti e oligodendrociti. Pertanto numerosi e recenti studi stanno descrivendo in maniera sempre più chiara l’autismo come una malattia su base neuroinfiammatoria. Si instaura un unico network infiammatorio che si autoalimenta e cronicizza a causa di una esposizione cronica e non permette alle cellule nervose di svilupparsi e funzionare ‘regolarmente’”. Per questo, secondo ANtonucci bisogna agire sulla neuroinfiammazione con l’utilizzo di molecole capaci di agire sul controllo delle cellule neurogliali. “Un approccio efficacie è sicuramente la Palmitoiletanolamide ultra-micronizzata (PEA-um), una molecola con note proprietà anti-neuroinfiammatorie e neuroprotettive – afferma l’esperto –. Già da diversi anni, con il mio collega il dott. Dario Siniscalco dell’Università della Campania, abbiamo approfondito il ruolo del sistema endocannabinoide nell’autismo infantile, studiando un modello cellulare monocitario e macrofagico; abbiamo evidenziato un forte coinvolgimento del sistema endocannabinoide, la cui regolazione è cruciale nel tentativo di controllare e ridurre i processi di neuroinfiammazione. Sappiamo, infatti, che la Palmitoiletanolamide è in grado di migliorare l’attività del sistema endocannabinoide e di agire, quando usata nella forma ultra-micronizzata, su specifici recettori espressi dalle cellule neurogliali (microglia e astrociti in primis), dimostrandosi così un ottimo candidato per controllare i processi neuroinfiammatori cerebrali, tipici dell’autismo. E da quel primo studio sulla Palmitoiletanolamide ultra-micronizzata applicata alla terapia dell’autismo ad oggi, negli ultimi 8 anni sono stati pubblicati diversi studi da gruppi di ricerca in diverse parti del mondo proprio sull’efficacia della molecola”. Nonostante stia diventando sempre più evidente il ruolo dei fattori ambientali sul rischio di sviluppare l’autismo, il ruolo della genetica continua comunque a essere considerato importante. Tanto che un gruppo di ricercatori italiani, guidati da Claudio Giorlandino, direttore Scientifico del Centro di Ricerche Altamedica, riconosciuto dal Miur anche sede didattica dell’Istituto di Genetica dell’Università di Tor Vergata, sta lavorando a un test molecolare in grado di riconoscere l’autismo . Si tratta di un test unico nel suo genere che racchiude in sé tutte le alterazioni genetiche oggi conosciute che causano l’sutismo e che potrà essere effettuato su ogni tessuto biologico come sangue e saliva del bambino. Sfruttando al massimo le potenzialità del sequenziamento del genoma attraverso la metodica Next Generation Sequencing, i ricercatori sono stati in grado di racchiudere in un’unica sequenza diagnostica tutte le delezioni, le duplicazioni e le singole mutazioni finora ritenute responsabili del gravissimo disordine, arrivando ad accertarlo nel 20/25 per cento dei casi. “E’ sempre più evidente e dimostrata una forte componente genetica correlata alla diagnosi di autismo”, spiega Giorlandino. “Si stima che il 10-15% dei casi di questo disturbo – continua – sia causato da una delezione o duplicazione di una piccola regione di DNA, mentre l’8-10% da singole mutazioni puntiformi in specifici geni da Autismo. Tali anomalie nel DNA possono essere sia ereditarie, cioè trasmesse da uno dei due genitori, sia de novo, cioè originatesi a livello dei gameti nei genitori dei soggetti affetti. I nostri ricercatori sono da oltre un anno al lavoro su questo test di fondamentale importanza sia di supporto a pediatri e genetisti per individuare la causa genetica a conferma della diagnosi dell’autismo sia per aiutare i genitori ad una consapevole pianificazione famigliare”. Secondo Giorlandino, “la percentuale di diagnosi aumenterà velocemente e si arriverà a ricercare le mutazioni genetiche causate da tale disordine anche in utero studiando il liquido amniotico della donna in gravidanza. Questo sarà centrale per intervenire tempestivamente sui disturbi che l’autismo determina nel comportamento, portando il bambino ad un recupero che sarà maggiore se si diagnosticherà precocemente e altrettanto precocemente se si attuerà l’intervento riabilitativo”. (30Science.com)

Valentina Arcovio