(30Science.com) – Roma, 7 dic. – Quali sono i principali fattori che incidono sul declino e la moria delle api? La questione riguarda l’intero pianeta, anche se varia notevolmente a seconda delle aree geografiche e delle stagioni. Diversi fattori di stress, da soli e in combinazione tra loro, possono risultare decisivi: tra questi, alcuni acari parassiti, l’esposizione ai pesticidi e gli eventi meteorologici estremi sembrano essere quelli principali. È questo uno dei principali risultati di uno studio pubblicato su Scientific Reports grazie al contributo di un team di ricercatrici e ricercatori legato alla Scuola Superiore Sant’Anna e al suo Dipartimento di Eccellenza EMbeDS (Economia e Management nell’era della Data Science). Lo studio fa parte di un approfondimento dedicato al tema Insect decline and extinction.
Utilizzando diverse fonti di dati pubblici, le autrici e gli autori dello studio hanno raccolto e integrato informazioni sullo stato delle colonie di api, i fattori di stress che le influenzano, le condizioni meteorologiche e di utilizzo del suolo negli Stati Uniti per un periodo compreso tra il 2015 e il 2021. L’analisi dei dati ha evidenziato che i principali fattori che hanno un impatto significativo sulla moria di colonie includono la presenza dell’acaro parassita Varroa destructor, l’esposizione ai pesticidi e gli effetti negativi di eventi meteorologici estremi.
Come spiega Luca Insolia, primo autore dello studio, “la Varroa destructor è diffusa in tutti i continenti ed è fortemente associata alla moria di api. La lotta a questo acaro rappresenta una delle sfide più importanti per l’apicoltura moderna”.
Luca Insolia è attualmente post-doc presso l’Università di Ginevra, dopo aver conseguito il PhD in Data Science e aver collaborato con il Dipartimento EMbeDS della Scuola Sant’Anna. “Acari come la Varroa destructor seguono andamenti stagionali e gli apicoltori potrebbero sfruttare i risultati del nostro studio per implementare trattamenti più efficaci e per supportare varie altre pratiche apicole, come le attività di nomadismo, la nutrizione suppletiva e lo svernamento”.
“Secondo i dati analizzati nel nostro studio, in tutti gli Stati Uniti lo svernamento è il periodo più cruciale dell’anno per la perdita di colonie” afferma Martina Calovi, corresponding author dello studio e docente di Geografia presso la Norwegian University of Science and Technology (nel 2017 Calovi ha conseguito il PhD in Management presso la Scuola Sant’Anna).
“Inoltre, sebbene sarebbero necessari altri dati per comprendere appieno il ruolo del cambiamento climatico, i nostri risultati sugli effetti negativi di eventi meteorologici estremi sulle api forniscono alcune importanti evidenze preliminari”.
“Nel nostro studio abbiamo utilizzato sofisticati strumenti statistici, sia per combinare i dati a diverse risoluzioni spazio-temporali, sia per identificare i fattori maggiormente associati al declino delle api” sottolinea Roberto Molinari, autore dello studio e docente di Statistica alla Auburn University. “Auspichiamo che il nostro studio possa contribuire a una maggiore sensibilizzazione verso la raccolta di dati, così come la loro condivisione con il mondo della ricerca, negli Stati Uniti ed in altre regioni del mondo, compresa l’Italia”.
“Comprendere il declino delle api è di assoluta importanza, perché gli impollinatori ricoprono un ruolo fondamentale dal punto di vista biologico ed economico. Il nostro studio è il primo a considerare un’elevata estensione spazio-temporale – l’intero territorio degli Stati Uniti, per un periodo di diversi anni – e molteplici potenziali fattori di stress. Utilizzando strumenti statistici sviluppati dal nostro gruppo, siamo stati in grado di far luce sull’interazione di fattori biotici e abiotici e il loro impatto sulle colonie di api” afferma Francesca Chiaromonte, autrice dello studio, docente di Statistica presso la Scuola Sant’Anna e la Pennsylvania State University, e coordinatrice scientifica di EMbeDS.
La collaborazione internazionale tra università italiane e statunitensi
“È molto incoraggiante” conclude Chiaromonte “constatare che questo importante risultato scientifico sia stato ottenuto da eccellenti e giovani ricercatori che collaborano tra Europa e Stati Uniti e collegano la comunità EMbeDS e la Pennsylvania State University, dove Luca Insolia ha trascorso un periodo di visiting, Martina Calovi era una ricercatrice post-dottorale e Roberto Molinari un visiting assistant professor quando abbiamo iniziato il nostro studio”.(30Science.com)