(30science.com) – Roma, 2 nov. – L’ecosistema delle fanerogame marine alle Bahamas rappresenta il più vasto al mondo, con un’area stimata di almeno 66.900 chilometri quadrati. Lo evidenzia uno studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, condotto dagli scienziati dell’organizzazione non-profit Beneath The Waves, dedicata alla promozione della salute degli oceani e all’utilizzo della scienza e della tecnologia per catalizzare la politica oceanica. Il team, guidato da Austin Gallagher, ha esaminato una serie di dati raccolti grazie a squali tigre dotati di strumenti di monitoraggio.
“Questo lavoro – commenta Gallagher – dimostra che le Bahama Banks rappresentano il più grande ecosistema di fanerogame marine del mondo, con un’area del 41 per cento più ampia rispetto alle stime precedenti”. Gli ecosistemi di fanerogame, spiegano gli autori, svolgono un ruolo chiave nel sostenere il sequestro del carbonio, la biodiversità oceanica e le risorse ittiche. Secondo le stime attuali, queste realtà gestiscono circa il 17 per cento del carbonio sequestrato nei sedimenti marini. La conservazione di questi ecosistemi, commentano gli studiosi, è di fondamentale importanza, ma viene ostacolata da una serie di incertezze correlate alle dimensioni e alla distribuzione delle fanerogame. Per superare questi limiti, i ricercatori hanno installato strumenti di monitoraggio su 15 esemplari di squali tigre, per tracciare le loro posizioni e raccogliere informazioni sul fondale marino.
Questi animali, infatti, mostrano una forte preferenza per le zone ricche di fanerogame. Combinando i dati raccolti con oltre 2.500 indagini eseguite da subacquei, gli studiosi hanno scoperto che le praterie marine sulle Bahama Banks possano coprire un’area di almeno 66 mila chilometri quadrati, che potrebbero estendersi fino a 92 mila chilometri quadrati. Tali stime, commentano gli scienziati, espandono l’estensione globale dell’area di fanerogame di circa il 41 per cento, il che evidenzia l’importanza di preservare gli ecosistemi marini, specialmente in ottica delle possibilità di sequestro del carbonio. Queste scoperte, concludono gli autori, sottolineano le numerose lacune nella conoscenza umana degli ecosistemi oceanici e allo stesso tempo dimostrano la potenzialità di utilizzare la megafauna marina per ricerche e indagini. (30science.com) Valentina Di Paola