(30science.com) – Roma, 27 ott. – La vita come la conosciamo oggi sulla Terra, dalla balena al batterio, risponde allo stesso alfabeto genetico, racchiuso nel DNA. Quest’ultimo è composto da ‘soli’ quattro nucleotidi raggruppati in due coppie di basi nucletoitdiche A-T e G-C che si combinano tra loro per codificare migliaia di informazioni genetiche. Cosa accadrebbe se ‘l’alfabeto genetico’ si estendesse a più lettere?
Lo abbiamo chiesto a Elisa Biondi ricercatrice della Foundation for Applied Molecular Evolution in Florida, negli USA. La FfAME è l’unico posto al mondo, con collaboratori dislocati in diversi Paesi, in cui è stato inventato e si utilizza un sistema di informazione genetica artificialmente ampliato (Artificially Expanded Genetic Information System, AEGIS) per condurre esperimenti in laboratorio con l’obiettivo, fra altri, di capire i meccanismi dell’origine ed evoluzione della vita sulla Terra.
I risultati di questo ‘darwinismo da laboratorio’ sono inseriti nell’ultimo studio pubblicato il 24 ottobre sulla prestigiosa rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences). Il team guidato dall’italiana Elisa Biondi ha condotto con successo la prima evoluzione in vitro di ribonucleasi partendo da DNA con un alfabeto genetico espanso.
Ecco cosa racconta la ricercatrice a 30Science.com: “Abbiamo confrontato librerie di acidi nucleici a quattro nucleotidi con librerie a sei nucleotidi (quindi potenzialmente più ricche di molecole catalitiche rispetto al DNA composto da 4 nucleotidi) per studiare come queste si evolvono e se ci sia una maggiore ricchezza di attività catalitica in librerie di DNA con una maggiore densità informazione genetica“.
Che risultati avete raggiunto in questo studio?
A differenza della libreria composta da DNA standard, AEGIS ha fornito diversi catalizzatori dopo soli nove cicli di evoluzione in vitro. Pertanto, da questi risultati possiamo dedurre che le librerie di DNA con una maggiore diversità chimica, densità di informazioni e più ampi spazi di sequenze sono serbatoi più ricchi di molecole catalitiche (nel nostro caso, la scissione dell’RNA), di almeno un ordine di grandezza, rispetto alle librerie di DNA costruite da un alfabeto nucleotidico standard, prosegue.
Può spiegarcelo in maniera più semplice?
Oggi, ogni organismo vivente si basa su DNA e RNA (acidi nucleici), formati da 4 tipi di nucleotidi (ACTG o ACUG), che conservano l’informazione genetica. Ma, in tempi primordiali, prima che la vita si stabilisse come la conosciamo ora, esistevano molti più composti chimici che potrebbero aver partecipato all’evoluzione molecolare. Conseguentemente, capire quale possa essere stata la composizione chimica delle prime macromolecole che hanno dato il via all’evoluzione ci aiuta a comprendere come si sia sviluppata la vita come la conosciamo ora. E’ un po’ come la classica domanda se è nato prima l’uovo o la gallina, lo studio dell’origine della vita cerca di chiarire se siano state le proteine a formare il DNA e RNA o viceversa. Prima della vita come la conosciamo oggi, dove DNA ed RNA portano l’informazione genetica, e le proteine fungono da “effettori” di questa informazione genetica (catalizzatori), l’ipotesi è che ci sia stato un momento in cui gli acidi nucleici hanno avuto sia una funzione genetica che catalitica. Per queste ragioni, lo studio dell’abilità degli acidi nucleici di catalizzare reazioni è essenziale per comprendere l’origine della vita.
E quindi, perché è importante questo studio?
Questo studio è estremamente importante proprio perché consente di capire meglio quali sono le potenzialità catalitiche degli acidi nucleici che vanno oltre il ‘limite’ dei 4 nucleotidi che formano DNA e RNA al giorno d’oggi, e se una maggiore funzionalità, utilizzando differenti nucleotdi, possa portare a risultati evolutivi interessanti
Allo stesso tempo anche a livello biomedico, l’idea di espandere la capacità chimica degli acidi nucleici, aggiungendo elementi costituitivi sintetici, rappresenta un avanzamento con sviluppi applicabili alla diagnostica e alla medicina. Ad esempio, precedenti studi condotti proprio da Elisa Biondi e altri colleghi alla Fondazione hanno mostrato come aggiungere funzionalità a librerie genetiche possa essere utilizzato per lo studio di vari tipi di cancro, per la diagnostica, e per bloccare il ciclo vitale di agenti tossici come l’antrace. Elisa Biondi è stata alla guida di un altro importante studio pubblicato sulla rivista Astrobiology in maggio, in cui ha mostrato la possibile formazione di molecole di RNA da nucleosidi trifosfati sulla superficie di vetro basaltico derivato da eventi vulcanici o impatti meteoritici in tempi primordiali. In conclusione, una domanda sulla sua origine italiana.
Come mai ha lasciato il nostro Paese?
Dopo essermi laureata all’ Università di Bologna, ho conseguito un dottorato in genetica e astrobiologia lavorando tra Firenze, Valencia e Parigi. Durante questi anni, nonostante le esperienze ricche di insegnamento, mi sono trovata a dover fare i conti con la precarietà e le scarse risorse italiane per la ricerca scientifica. Quando ho avuto l’opportunità di spostarmi negli Stati Uniti, inizialmente per un post-dottorato che doveva essere di soli due o tre anni, ho trovato il mio Eldorado. Qui è relativamente più facile fare ricerca perché i finanziamenti sono molto maggiori, il che produce maggiore libertà di lavorare anche a progetti rischiosi e portare avanti le proprie idee senza troppi intoppi e frustrazioni.(30science.com)