(30Science.com) – Roma, 16 giu. – Alcuni fattori di rischio legati all’autolesionismo potrebbero essere presenti già all’età di cinque anni, quasi un decennio prima delle manifestazioni del disturbo. Questo almeno è quanto emerge da uno studio, pubblicato sul Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, condotto dagli scienziati dell’Università di Cambridge, che hanno identificato due sottogruppi distinti di giovani con tendenze autolesioniste. Il team, guidato da Stepheni Uh, ha utilizzato i dati relativi a una coorte del Regno Unito rappresentativa a livello nazionale, che comprendeva circa 11 mila individui.
Grazie a un software di apprendimento automatico, i ricercatori hanno differenziato i profili dei ragazzi, individuando caratteristiche emotive e comportamentali simili e atteggiamenti potenzialmente indice di tendenze autolesioniste. Le informazioni sono state utilizzate per tracciare i fattori di rischio in base al momento in cui si manifestano. Un’autostima molto bassa, ad esempio, era legata al comportamento autolesionista in atto, mentre essere vittime di bullismo sembrava precedere episodi di lesione autoinflitta.
Gli autori hanno identificato due sottogruppi distinti tra i giovani autolesionisti. Da un lato i ragazzi che mostravano cattiva salute mentale, i cui caregiver erano a loro volta associati a disturbi psicologici. In questo caso il comportamento autodistruttivo sembrava prevedibile fin dall’età di cinque anni. Per il secondo gruppo, invece, il comportamento autolesionista era più difficile da prevedere nella prima infanzia, e tra i segnali indice di un potenziale disturbo gli esperti indicano la propensione ad adottare comportamenti rischiosi e una minore sicurezza nei rapporti con amici e familiari.
“L’autolesionismo rappresenta un problema grave tra gli adolescenti – afferma Stepheni Uh, dell’Università di Cambridge – comprendere la natura sfumata di questa patologia è importantissimo per attuare strategie mirate ed efficaci”. Secondo i risultati degli scienziati, i ragazzi appartenenti alla seconda categoria erano molto più numerosi rispetto a quelli i cui problemi erano facilmente individuabili. “I nostri risultati suggeriscono che l’autostima dei bambini piccoli e le misure volte a ridurre gli episodi di bullismo nelle scuole potrebbero contribuire a diminuire gli episodi di autolesionismo – aggiunge Duncan Astle, collega e coautore di Uh – anche offrire supporto e formazione specifica agli insegnanti potrebbe essere di grande aiuto”. (30Science.com)