(30science.com) – Roma, 15 giu. – Gli organi cerebrali delle volpi addomesticate sembrano raggiungere dimensioni più elevate rispetto a quelli delle loro controparti selvatiche. A rivelarlo uno studio, pubblicato sul Journal of Neuroscience, condotto dagli scienziati dell’Università di Harvard, dell’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign, della Emory University, della Cornell University e del Russian Institute of Cytology and Genetics che hanno valutato gli effetti di un lavoro eseguito negli anni ’50.
L’esperimento, una delle ricerche più note sull’addomesticamento degli animali, portata avanti dal team di Dimitry Belyaev dell’Accademia delle scienze dell’URSS, si proponeva di replicare l’addomesticamento naturale dei lupi nelle volpi. Gli scienziati sovietici avevano coinvolto tre gruppi di animali, uno addestrato per mostrare comportamenti simili a quelli che si osservano con i cani, il secondo allevato per reagire con aggressività al contatto umano e gli esemplari di controllo che non sono stati influenzati in alcun modo.
In questo nuovo studio, il team guidato da Erin Hecht dell’Università di Harvard ha valutato il modo in cui i cambiamenti nell’anatomia del cervello fossero legati alle alterazioni nel genoma e nel comportamento. Il lavoro, condotto insieme a Lyudmila N. Trut, che gestisce l’istituto siberiano dove venivano studiate le volpi russe, dimostra che sia le volpi addomesticate ad essere mansuete che quelle allevate per l’aggressività avevano cervelli più grandi e più materia grigia rispetto agli esemplari del gruppo di controllo.
Questi risultati sono in contrasto con quanto osservato su polli, pecore, gatti, cani, cavalli e bovini, in cui è stato riscontrato un restringimento dell’organo cerebrale a seguito dell’addomesticamento. Il team ipotizza che tale discrepanza sia dovuta all’accelerazione del processo di addomesticamento delle volpi rispetto a quanto avvenuto con le altre specie, per cui sono stati necessari diversi millenni per l’allevamento. Nel complesso, i ricercatori sottolineano che i risultati ottenuti potrebbero portare a una revisione delle ipotesi sulle dimensioni del cervello alterate dall’addestramento. Per i prossimi studi sarà infatti opportuno esaminare le scansioni cerebrali delle volpi a livello cellulare. “Abbiamo ancora molto da imparare sulle volpi selvatiche – conclude Hecht – lo studio di questi animali fornisce una finestra di osservazione su complessi processi evolutivi e rappresenta un modo più semplice e diretto per comprendere come l’evoluzione possa influenzare il cervello rispetto alla valutazione dei soli cambiamenti che si verificano naturalmente”.(30science.com)