(30Science.com) – Roma, 16 giu. – Più della metà dei fiumi del mondo cessano di scorrere per almeno un giorno all’anno e questo fenomeno continuerà ad aumentare nei prossimi decenni a causa del cambiamento climatico e dell’attività umana.
Lo suggerisce un articolo pubblicato su Nature il cui primo autore è Mathis Loïc Messager del Dipartimento di Geografia dell’Università McGill di Montréal e dell’Istituto Nazionale di Ricerca Francese per l’Agricoltura (INRAE Lyon-Villeurbanne).
I risultati indicano che l’intermittenza del flusso nei corsi d’acqua del mondo è più comune di quanto si pensasse in precedenza, il che potrebbe richiedere cambiamenti nelle strategie di gestione dei fiumi. Tuttavia, la reale estensione globale dei fiumi intermittenti (non perenni) è sconosciuta.
Messager e colleghi hanno sviluppato un modello per prevedere l’estensione dei fiumi non perenni a livello globale, che è stato applicato al database RiverATLAS, che rappresenta 23,3 milioni di chilometri della rete fluviale globale. Il team ha stimato che tra il 51% ed il 60% di fiumi e torrenti cessano di scorrere per almeno un giorno all’anno, indicando che i fiumi non perenni sono la tipologia più diffusa, e che per il 52% della popolazione mondiale il fiume o il torrente più vicino non è perenne.
Il 95% dei fiumi che si trovano in aree estremamente calde e secche, come l’Australia settentrionale, parti dell’India e la regione africana del Sahel, sono inclini alla cessazione del flusso. Nei climi più freddi, il flusso interrotto di un fiume è spesso dovuto al ghiaccio o all’accumulo di precipitazioni sotto forma di neve. Le variabili climatiche sono importanti indicatori di quali fiumi possono diventare o essere attualmente intermittenti.
Gli autori concludono che l’intermittenza del flusso dovrebbe essere inclusa nei modelli fluviali per garantire strategie efficaci di gestione dei corsi d’acqua che proteggano la biodiversità e gli ecosistemi dei fiumi non perenni. (30Science.com)