La cosa che salta agli occhi è che dal complesso di queste informazioni, emerge un racconto che non tiene conto della realtà per quella che è e per come si è sviluppata negli ultimi quindici anni, lasciando spazio – è il caso di dirlo – ad una visione della città che ha il suo baricentro intorno all’ansa del Tevere e a Campo Marzio. Secondo questo racconto, Roma è quella che vive al suo interno, e lo spazio esterno è percepito, e dunque anche raccontato, come fosse davvero ancora la lontana provincia che si trova oltre i verdi pascoli dell’Agro Romano. Da tempo però, nella realtà ciò che chiamiamo Roma ha travalicato di gran lunga i confini amministrativi e già nella sostanza è Area Metropolitana, prima ancora che nella forma, figuriamoci poi nella burocrazia o nella organizzazione delle testate.
Non dare contezza di questa Roma, vuol dire lasciare fuori dal racconto anche giornalistico un milione e mezzo di persone. Sono romani a tutti gli effetti, perché vivono o lavorano dentro quel grande spazio economico integrato da un sistema capillare di reti e ne sono parte integrante. Non tenerne conto è sbagliato, prima ancora mi sembra una scelta saggia, sotto il profilo editoriale.
Ed è un grave errore perché non si tiene conto di una realtà che gioca un ruolo rilevante in termini economici e sociali e dunque politici. Acqua, trasporti, casa, consumo di suolo, salute, scuola, sono solo alcuni dei temi principali di una narrazione che sfugge a una macchina dell’informazione che si ferma, quando va bene, al Grande Raccordo Anulare. Tutto il resto è lasciato fuori porta, nelle pagine delle cronache metropolitane. Sono pero’ le cronache di pezzi importanti di una città di quattro milioni di abitanti che si estende per oltre 5mila chilometri quadrati di superficie e che, anche se si chiamano in maniera diversa, Tivoli, Colleferro, Anzio, Frascati, Albano, Pomezia, Nettuno, Civitavecchia, Bracciano o Monterotondo, fanno parte tutti della stessa realtà.