Roma – Quando pescano insieme ai delfini, i battiti cardiaci dei pescatori brasiliani si sincronizzano. Lo rivela uno studio dell’Università di Costanza, pubblicato sulla rivista Current Biology, che svela come la cooperazione tra esseri umani e animali selvatici possa manifestarsi anche sul piano fisiologico. L’indagine mostra che la collaborazione millenaria tra pescatori e delfini nel sud del Brasile non riguarda solo l’intesa dei gesti e dei tempi, ma arriva fino al ritmo stesso del cuore. Il fenomeno è stato osservato nella cittadina di Laguna, nello stato di Santa Catarina, dove una comunità di pescatori artigianali lavora da generazioni insieme ai delfini per catturare i pesci. In questa pratica unica, i delfini spingono i banchi di pesci verso la costa e, con un tuffo improvviso, segnalano il momento giusto per lanciare le reti. L’interazione, perfettamente coordinata, produce benefici reciproci: gli uomini aumentano le possibilità di cattura e i delfini, grazie al disorientamento dei pesci, trovano più facilmente prede isolate.

Credit: Fábio Daura-Jorge
Per studiare l’impatto fisiologico di questa cooperazione, il gruppo guidato dalla biologa Hanja Brandl, del Cluster of Excellence “Centre for the Advanced Study of Collective Behaviour”, ha dotato 24 pescatori di sensori toracici in grado di registrare elettrocardiogrammi (ECG) e posizione GPS in tempo reale. L’obiettivo era analizzare la cosiddetta heart rate variability (HRV), la variabilità della frequenza cardiaca, un indicatore considerato sensibile agli stati emotivi e alle dinamiche sociali. “L’HRV mostra come il tempo tra un battito e l’altro cambi in base alle emozioni e alla concentrazione – ha spiegato Brandl – e abbiamo osservato che i pescatori, durante la pesca cooperativa, tendevano a sincronizzarsi nei battiti del cuore, specialmente nei momenti di osservazione e attesa condivisa.”
Questa “risonanza fisiologica” – così la definiscono i ricercatori – si manifestava più chiaramente quando i pescatori lavoravano in piccoli gruppi e comunicavano a distanza ravvicinata, coordinando i movimenti in risposta ai delfini. “È come se i loro corpi entrassero nello stesso ritmo biologico – ha aggiunto Brandl – un fenomeno noto anche in altri contesti sociali umani, come la danza o il canto corale, ma qui legato a un’interazione diretta con la natura e gli animali.”

Credit: Mauricio Cantor
Tuttavia, la ricerca ha riservato una sorpresa: una sincronizzazione troppo marcata non sempre coincide con un risultato migliore. Nei momenti di maggiore coerenza dei battiti cardiaci, il quantitativo di pesce catturato tendeva infatti a diminuire. “L’eccessiva sintonia potrebbe ridurre la flessibilità del gruppo, necessaria per reagire in modo rapido e indipendente ai segnali provenienti dal mare – ha commentato Brandl –. È un paradosso interessante: troppa armonia può compromettere l’efficacia della cooperazione.”
Il team sottolinea che questi risultati offrono nuove prospettive per comprendere i meccanismi fisiologici della collaborazione umana. Gli scienziati parlano di una “firma biologica della cooperazione”, dove la sincronia dei battiti riflette non solo il coordinamento motorio, ma anche la connessione emotiva e cognitiva tra i membri del gruppo. Tale fenomeno, spiegano, è simile a quello osservato negli animali sociali, come gli uccelli migratori o i branchi di pesci, in cui la sincronizzazione dei movimenti e dei ritmi interni favorisce la coesione del gruppo.

Credit: Fábio Daura-Jorge
Lo studio rappresenta un contributo innovativo alla ricerca sul comportamento collettivo e apre nuovi interrogativi sulle interazioni uomo-animale. “La pesca con i delfini è una tradizione straordinaria che mostra come le culture umane abbiano imparato a cooperare con altre specie – ha concluso Brandl –. Ora sappiamo che questa cooperazione non è solo comportamentale o culturale, ma anche fisiologica. Quando si lavora insieme, il corpo partecipa alla relazione tanto quanto la mente.”
Con i suoi dati e le sue implicazioni, la ricerca dell’Università di Costanza contribuisce a comprendere come la collaborazione – uno dei tratti distintivi dell’evoluzione umana – possa avere radici biologiche misurabili. E suggerisce che, nelle comunità dove il lavoro è davvero condiviso, i cuori possono, letteralmente, battere all’unisono.(30Science.com)

