Roma – “Il piede umano è uno dei più complessi capolavori dell’evoluzione, un’opera d’arte della biomeccanica: non è solo una struttura che ci permette di camminare, correre e saltare, ma è un vero e proprio testimone del nostro passato e del nostro presente”. A parlare è Rita Sorrentino, ricercatrice al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna e prima autrice di un ampio studio, pubblicato su Communication Biology, che getta nuova luce sulla complessa evoluzione dei nostri piedi. L’attività di ricerca – che ha coinvolto anche studiosi dell’Istituto Ortopedico Rizzoli e dell’Università di Pisa – si è concentrata sull’arco longitudinale mediale del piede: una caratteristica unica che differenzia la nostra specie, l’Homo sapiens, dai primati non umani. L’arco longitudinale è un adattamento funzionale che permette al piede di passare da ammortizzatore a leva durante le fasi di contatto e distacco con il terreno: un meccanismo che ci permette di avere una camminata bipede efficiente. Nonostante la sua rilevanza, non è però ancora chiaro quando questa caratteristica sia comparsa nel corso della nostra storia evolutiva. E a complicare ulteriormente il quadro c’è il tema dei “piedi piatti”: una condizione diffusa, caratterizzata da un appiattimento più o meno accentuato dell’arco longitudinale mediale. “Non tutti i piedi piatti sono uguali e le definizioni cliniche di piedi piatti negli esseri umani viventi non hanno raggiunto un consenso”, spiegano infatti Alberto Leardini e Claudio Belvedere, studiosi del Laboratorio di Analisi del movimento e valutazione funzionale protesi dell’Istituto Ortopedico Rizzoli, tra gli autori dello studio. Per cercare di trovare risposte, gli studiosi si sono concentrati in particolare sul ruolo dell’osso navicolare, la chiave di volta dell’arco longitudinale mediale del piede. “I risultati di questo studio mettono in luce che la morfologia del navicolare varia in modo significativo tra gli individui con piedi piatti e quelli con arco longitudinale ben sviluppato”, spiega Maria Giovanna Belcastro, professoressa al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna e coordinatrice del lavoro. “In particolare, gli individui con piedi piatti acquisiti in età adulta mostrano differenze nella forma del navicolare rispetto a quelli con archi normali o piedi piatti congeniti, cioè presenti dalla nascita”, aggiunge. Uno sviluppo, questo, che solleva interrogativi sulla natura dei piedi piatti congeniti, suggerendo che possano rappresentare una variante normale della morfologia del piede, ed evidenziando quindi l’importanza della morfologia ossea nella struttura dell’arco del piede. Un altro aspetto affascinante su cui si sono concentrati gli studiosi riguarda le differenze tra gruppi di popolazioni moderne di Homo sapiens. I risultati suggeriscono infatti che lo sviluppo dell’arco longitudinale possa essere influenzato da variabili come il tipo di calzature, lo stile di vita e le strategie di locomozione prevalenti. “Abbiamo visto che gli individui appartenenti a gruppi di cacciatori-raccoglitori, che vivono senza calzature, mostrano piedi più flessibili nella mobilità e relativamente più piatti rispetto a quelli delle popolazioni che utilizzano calzature moderne”, dice Damiano Marchi, professore all’Università di Pisa, tra gli scopritori di Homo naledi e tra i coordinatori dello studio. “Queste differenze possono essere attribuite a stili di vita e pratiche culturali: i piedi delle popolazioni di cacciatori-raccoglitori potrebbero quindi rappresentare una forma più vicina a quella dei nostri antenati preistorici”, aggiunge. L’indagine ha anche messo a confronto la struttura dei nostri piedi con i fossili di Homo sapiens antichi e di altre specie umane del passato. “Alcuni dei fossili analizzati, come quelli di Homo floresiensis, Australopithecus afarensis e Homo naledi, mostrano caratteristiche nel navicolare più simili a quelle dei grandi primati non umani, suggerendo un adattamento a uno stile di vita sia arboreo che bipede”, spiega Stefano Benazzi, professore al Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna (Campus di Ravenna), tra i coordinatori dello studio. “Allo stesso tempo, i fossili di Homo habilis sembrano avere una configurazione più simile ai piedi degli esseri umani moderni, indicando una possibile presenza dell’arco longitudinale; questo non esclude però la possibile presenza di un piede piatto simile agli attuali piedi piatti congeniti, vista la somiglianza e vicinanza morfologica del navicolare con quella degli individui che presentano un arco longitudinale sviluppato del piede”. Lo studio offre in definitiva un nuovo punto di vista sull’evoluzione del piede umano e sulla sua variabilità, contribuendo alla nostra comprensione di come questa parte del corpo si sia adattata alla locomozione bipede. “Il nostro piede è un vero e proprio testimone del nostro passato e del nostro presente, un capitolo affascinante nella grande storia dell’evoluzione umana”, commenta in conclusione Rita Sorrentino, prima autrice dello studio. “Gli esiti di questa indagine – aggiunge – permettono di ricostruire una panoramica completa della variabilità morfologica del piede umano nel corso dell’evoluzione e sollevano importanti questioni riguardo ai piedi piatti congeniti, suggerendo che possano rappresentare una variante normale della morfologia del piede umano”. (30Science.com)
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UniBo, studio getta nuova luce su evoluzione dei nostri piedi
(3 Novembre 2023)

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