Roma – I team di Ifremer e INRAE hanno appena scoperto due geni coinvolti nella resistenza al nodavirus, una malattia che colpisce il cervello delle spigole e provoca perdite significative negli allevamenti del Mediterraneo. A seguito di questa scoperta pubblicata sulla rivista Genetics Selection Evolution, scienziati e professionisti degli incubatoi di spigole francesi, che forniscono oltre il 20% delle spigole allevate nel Mediterraneo (Italia, Grecia, Turchia…), hanno avviato un nuovo progetto per selezionare le spigole che sono più resistenti a questa malattia. Una grande sfida nel passaggio verso un’acquacoltura più sostenibile.
Il nodavirus è una malattia virale che può causare ecatombe negli allevamenti di spigole. Preferendo le acque calde (intorno ai 25°C), questo virus è più diffuso nel Mediterraneo e in particolare in Grecia, Italia e Turchia, dove si concentrano i più grandi allevamenti di spigole in Europa. Replicandosi all’interno del corpo infetto, provoca danni cerebrali – simili al morbo di Parkinson negli esseri umani – che alterano il comportamento del nuoto e molto spesso causano emorragie cerebrali fatali.
Eppure alcuni pesci sembrano resistere a questa malattia. Perché ? Cosa c’è di diverso tra gli individui resistenti e quelli che ne sono sensibili? È a livello del loro genoma? Queste domande hanno motivato il lavoro dei team di Ifremer e INRAE dal 2013.
Gli scienziati dell’Ifremer e dell’INRAE, in collaborazione con Anses, SYSAAF (sindacato francese degli allevatori di pollame e acquacoltura) e incubatoi professionali, hanno cercato nel genoma di 7000 spigole le differenze che potrebbero spiegare questa capacità di resistere a questa malattia. Dopo diversi anni di ricerca, hanno finalmente individuato due geni chiave, chiamati ZDHHC14 e IFI6, in grado di sintetizzare proteine coinvolte nella resistenza virale.
I tassi di sopravvivenza aumentano dal 40% all’80%
Hanno dimostrato che le popolazioni di bassi doppiamente resistenti (omozigoti – portatori dei 2 alleli “resistenti”) mostravano tassi di sopravvivenza dell’80% quando venivano messe in contatto con il virus. Cifre che scendono al 60% per popolazioni eterozigoti di spigole portatrici di un allele “resistente” e di un altro “sensibile” e al 40% per popolazioni doppiamente sensibili.
“Riteniamo che questi geni agiscano riducendo la replicazione del virus nella spigola, come è stato dimostrato da un team giapponese sulla cernia, spiega François Allal, ricercatore in genetica e genomica dell’acquacoltura all’Ifremer. Abbiamo già avviato un nuovo progetto per utilizzare questi marcatori per selezionare individui resistenti e consentire agli incubatoi di fornire agli allevatori novellame più resistente”.
La scoperta di questi marcatori di resistenza è un passo importante per l’acquacoltura della spigola nel Mediterraneo e anche oltre. Perché se confinato oggi nelle calde acque del grande blu, questo virus potrebbe vedere la sua prevalenza e il suo avanzamento dell’areale sulle coste europee grazie ai cambiamenti climatici.(30Science.com)