Valentina Arcovio

Natalità: esperto, è crisi biologica, dopo 35 anni cala qualità spermatozoi

(11 Maggio 2023)

Roma – L’emergenza denatalità non è più un solo fenomeno sociale, ma il prodotto di una vera e propria crisi biologica. Questo è in estrema sintesi il messaggio che Luigi Montano, uroandrologo dell’ASL di Salerno e past president della Società italiana di riproduzione umana (Siru), lancerà domani in occasione del suo intervento agli Stati Generali della Fertilità, alla presenza di Papa Francesco e del Premier Giorgia Meloni. “L’esposizione a sostanze inquinanti disperse nell’ambiente, all’inquinamento elettromagnetico, unita a stili di vita poco sani, stanno danneggiando irreparabilmente il patrimonio genetico degli spermatozoi, compromettendo le probabilità di concepimento dell’uomo e rendendolo più suscettibile alle malattie”, spiega lo specialista. “Oggi più che mai il tempo è nemico dell’uomo: con l’avanzare dell’età aumenta infatti anche la quantità di danni al DNA spermatico che si sommano a quelli indotti da cattivi stili di vita ed inquinamento chimico e fisico. Così già dai 35 anni in su – continua – i danni accumulati possono impedire il concepimento o aumentare le probabilità di trasmettere ai figli difetti genetici ed epigenetici che favoriscono patologie nell’infanzia, nell’età adulta e addirittura alle successive generazioni. Per cui annunci come quello fatto di recente dall’attore di Hollywood Robert De Niro, diventato padre a 79 anni possono essere “ingannevoli e fuorvianti”. Secondo Montano, siamo arrivati a un punto critico,” tanto che nel 2070 se il trend del numero e soprattutto della qualità spermatica continua ad avere la pericolosa discesa rilevata da diversi studi l’ipotesi dell’estinzione della nostra specie per infertilità maschile irreversibile non è affatto da scartare”, sottolinea. Una recente metanalisi pubblicata sulla rivista Human Reproduction Update negli ultimi 46 anni, dal 1973 al 2018, la concentrazione degli spermatozoi a livello globale è più che dimezzata. Un’altra importante review, pubblicata sulla rivista Reproductive Biology and Endocrinology, ha confrontato i dati di migliaia di uomini in cura, tra il 2003 e il 2021, in cliniche per la fertilità in Europa, Stati Uniti, Asia, Africa e Australia. In particolare, i ricercatori si sono concentrati sul livello di frammentazione del DNA spermatico, valore considerato determinante per l’infertilità maschile. “Più il DNA è frammentato, minore è la capacità degli spermatozoi di fecondare l’ovulo – sottolinea Montano -. Inoltre, un’elevata frammentazione del DNA spermatico può aumentare il rischio di aborto spontaneo, che viene erroneamente attribuito solo alle donne, e quindi portare al fallimento una gravidanza”. La meta-analisi ha dimostrato che il fumo potrebbe aumentare la frammentazione del DNA in media del 9,19% rispetto ai non fumatori. “L’inquinamento è risultato un fattore chiave nel determinare la qualità dello sperma – aggiunge Montano -. La meta-analisi ha rilevato che vari fattori, come l’inquinamento atmosferico, l’esposizione a pesticidi o insetticidi, hanno aumentato la frammentazione del DNA dello sperma in media del 9,68%”. Invece, tra le patologie legate a una peggiore qualità spermatica, il varicocele, che è la dilatazione delle vene nel funicolo spermatico, si è dimostrato in grado di aumentare la frammentazione in media del 13,62%. Sull’età pure altri studi indicano che dai 35 ai 39 anni inizia il declino della fertilità maschile con un aumento dei danni genetici ed epigenetici rilevabili a carico dei gameti maschili. “E’ evidente che rispetto a questi fattori cumulativi di danno riproduttivo sono necessarie azioni decise nel brevissimo termine, basate su politiche innovative sul fronte educativo e sanitario e soprattutto un’accelerazione verso l’ecoriconversione del pianeta per ridurre i tassi di inquinamento – propone Montano -. Sul fronte dell’età, invece, si può ad esempio prevedere una sorta di bonus maggiorato, un Superbonus, o comunque incentivi e sostegni molto più importanti di quelli finora proposti per coloro che mettono al mondo anche più figli (almeno 2) nella fascia d’età 18-32 anni, la migliore età biologica riproduttiva. In sintesi un sostegno crescente in base al numero di figli e soprattutto sull’anticipazione del primo figlio. Il vantaggio di incentivare l’abbassamento dell’età di concepimento sono duplici: da un lato le coppie avranno più tempo per pianificare un’ulteriore gravidanza nella loro migliore età biologica e contribuire ad accelerare la risalita demografica del paese di cui si sconta un ritardo di almeno due decenni, dall’altro si potranno prevenire tutte quelle patologie che sembrano essere sempre di più associate agli effetti cumulativi dell’età avanzata con quelli ambientali e dei cattivi stili di vita che di fatto inducono un invecchiamento precoce dei gameti con alterazioni epigenetiche e genetiche ereditati sin dal concepimento e che esitano non solo in difficoltà di concepimento, maggiore incidenza di patologie ostetriche e neonatali, ma anche patologie del neurosviluppo sempre più frequenti, tumori nell’infanzia, in età adulta e addirittura nelle successive generazioni”. (30Science.com)

Valentina Arcovio