Emanuele Perugini

Ricerca Italiana: Max Bonomi a Parigi per studiare la danza delle proteine

(3 Febbraio 2023)

(30Science.com) – Roma, 3 feb. – Da Bergamo a Parigi passando per Zurigo, Cambridge e San Francisco. Massimiliano Bonomi, ha 43 anni ed è uno dei 15 ricercatori italiani che hanno vinto il Consolidator Grant dello European Research Council (ERC) e che hanno scelto di sviluppare le loro ricerche all’estero. Lui preferisce farsi chiamare Max, anche quando è assorbito dalle sue ricerche che puntano a comprendere meglio le molecole e i loro movimenti. Lo abbiamo raggiunto all’Istituto Pasteur a Parigi dove vive e lavora.

Di cosa si occuperà il suo progetto?

Io mi occupo di determinare la struttura tridimensionale delle proteine e di capire come si muovono. Si tratta di un problema fondamentale. Tradizionalmente questo viene fatto con esperimenti piuttosto complessi, costosi, che richiedono spesso tempi molto lunghi. Recentemente questo campo è stato rivoluzionato dall’Intelligenza Artificiale, che oggi è in grado di predire, spesso con ottimi risultati, la struttura delle proteine utilizzando un computer e un paio di ore di calcolo. Pensi che un contributo fondamentale in questo ambito è stato dato da Google! Purtroppo queste tecniche hanno ancora delle limitazioni e le strutture che otteniamo non sono sempre perfette. Il mio progetto ERC Consolidator ha come obiettivo di sviluppare un metodo di determinazione della struttura e dei movimenti delle proteine cosiddetto integrativo, cioè che utilizza al meglio tutte le informazioni disponibili, inclusa l’Intelligenza Artificiale, gli esperimenti, e le conoscenze teoriche di fisica e chimica che abbiamo maturato negli anni. L’algoritmo che svilupperò servirà ad estrarre l’informazione migliore da ciascuna di queste tecniche e la userà per ottenere il modello più accurato possibile delle proteine.

Quali possono essere le potenziali applicazioni di queste ricerche?

Potenzialmente infinite. Le faccio due esempi. I farmaci che prendiamo sono spesso piccole molecole che si appiccicano a delle grosse proteine e ne modificano il funzionamento. La
struttura delle proteine e del farmaco giocano un ruolo fondamentale. E’ un po’ come una chiave e una serratura. La chiave deve avere una forma ben precisa per riuscire ad aprire una serratura. Allo stesso modo, un farmaco deve avere una particolare composizione chimica e struttura per riuscire ad interagire con una proteina in maniera efficace. La conoscenza precisa
della struttura di una proteina diventa allora fondamentale per poter trovare dei farmaci che possano agire con efficacia. Una cosa simile succede quando veniamo infettati da un virus. Le proteine sulla superficie di un virus, come la famigerata spike che costituisce la corona del SARS-CoV-2, riconoscono le proteine sulla superficie delle cellule umane quando c’è una buona compatibilità fisico-chimica e strutturale tra le due. Come due pezzi di un puzzle che si incastrano alla perfezione. In questo caso il metodo che svilupperemo più aiutarci a disegnare una proteina, come gli anticorpi e i nanobodies, che il virus preferisce ancora di più rispetto a quelle presenti sulla superficie delle nostre cellule. In questo modo, il virus riduce o perde del tutto la capacità di interagire con le cellule umane e quindi di infettarci !

Perché è così importante?

A parte le applicazioni in campo terapeutico di cui le ho appena parlato, determinare in maniera accurata la struttura e i movimenti delle proteine ci permette di capire un pò meglio i meccanismi fisici e chimici che sono alla base del funzionamento degli esseri viventi. Questo perché alla base di questi meccanismi c’è spesso l’interazione tra due o più partner
biologici, come proteine, RNA, e DNA, in cui come abbiamo detto le proprietà strutturali giocano un ruolo chiave. E la cellula è un ambiente estremamente affollato in cui le interazioni
sono piuttosto frequenti!

Qual è stato il suo percorso accademico?

Mi sono laureto in Fisica all’Università Statale di Milano e poi ho conseguito un dottorato di ricerca in Chimica al Politecnico Federale di Zurigo, in Svizzera. Dopo il dottorato sono partito
per gli Stati Uniti, dove ho lavorato 3 anni alla University of California San Francisco, e poi ho trascorso 5 anni all’University of Cambridge in Inghilterra. Dal 2018 ho un posto permanente
da ricercatore presso il Centro Nazionale della Ricerca Scientifica francese (CNRS), che è un po’ come il CNR italiano, e da due anni dirigo un gruppo di ricerca all’Istituto Pasteur di Parigi.

Perchè non ha scelto di realizzare il suo progetto in una istituzione di ricerca italiana?

La scelta l’ho fatta forse 17 anni fa quando ho deciso di partire dall’Italia per completare i miei studi all’estero. La mia attività di ricerca è ormai da 5 anni ben integrata in Francia. Quando
si prepara questo grant Europeo bisogna indicare in quale istituto di ricerca si vuol realizzare il proprio progetto e l’istituto a sua volta deve offrire il suo appoggio mettendo a disposizione
lo spazio fisico, uffici e laboratori, necessari per completare il progetto. Per me è stato naturale scegliere l’istituto dove lavoro attualmente perché so già che mi offrirà tutte le condizioni per fare al meglio il mio lavoro. Certo, se ci fosse stata un’offerta dall’Italia, chissà…

Quali sono i prossimi obiettivi della sua attività?

Guardi, la preparazione di questo progetto è cominciata un anno e mezzo fa. E’ stata una lunga maratona. Quindi in questo momento trovo giusto fermarmi un secondo, prendere fiato,
e godermi questa soddisfazione, perché non capita proprio tutti i giorni di ricevere 3 milioni di euro per realizzare un progetto. A breve dovrò rimettermi di nuovo al lavoro per reclutare il
team di 5 persone che mi permetterà di raggiungere i miei obbiettivi. Nel lungo periodo certamente mi piacerebbe esplorare più a fondo le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale nell’ambito terapeutico. Ma chissà cosa può succedere nei prossimi cinque anni durante la realizzazione di questo progetto. Mentre si fa questo lavoro le idee arrivano inaspettatamente. E questa, in fondo, è la parte più eccitante.(30Science.com)

Emanuele Perugini
Sono un giornalista. Sono nato nel 1970 e ho cominciato a scrivere nel 1994. Non ho più smesso. Nel corso della mia carriera ho scritto molto di scienza, di ambiente, di salute cercando di portare la scienza e la profondità dell'analisi scientifiche in ogni ambito di cui mi sono occupato.