(30science.com) – Roma, 3 nov. – (NOTIZIA CON EMBARGO ALLE 20.00) Il continuo riscaldamento globale sta creando condizioni che probabilmente causeranno un drammatico aumento degli incendi nel permafrost artico nei prossimi decenni, rilasciando nell’atmosfera enormi depositi di carbonio organico. Questo inquietante risultato emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Science, condotto dagli scienziati dell’Università della California a Davis e del Centre de Recerca Ecològica i Aplicacions Forestals. Il team, guidato da Adrià Descals, ha esaminato i dati satellitari per monitorare gli incendi verificatisi nell’Artico siberiano, valutando l’areale annuale bruciato tra il 1982 e il 2020.
Sono stati considerati poi dieci fattori climatici associati alla probabilità di incendi, tra cui temperatura e precipitazioni. Stando a quanto emerge dall’indagine, tra il 2019 e il 2020, gli eventi incendiari nella regione sono stati associati a un’area bruciata di quasi 4,7 milioni di ettari, pari a circa il 44 per cento dell’area locale arsa negli ultimi 40 anni. Questi eventi hanno provocato il rilascio di circa 150 milioni di tonnellate di carbonio in atmosfera. L’Artico, spiegano gli autori, rappresenta una delle regioni caratterizzate dal più rapido riscaldamento del pianeta. I suoli artici immagazzinano grandi quantità di carbonio organico, gran parte del quale è sotto forma di torbiere, che vengono scongelate e asciugate a causa dell’aumento delle temperature, incrementando il rischio di incendi. La combustione di questi suoli ricchi di carbonio rilascia questo carbonio nell’atmosfera sotto forma di anidride carbonica, alimentando il circolo vizioso del cambiamento climatico. Questi risultati, commentano gli autori, suggeriscono una relazione esponenziale tra il fuoco associato all’aumento della temperatura e l’area annuale bruciata, il che potrebbe indicare un profondo cambiamento nel rischio di incendio nella regione. “Incendi più vasti e più frequenti incrementerebbero il rilascio di carbonio dal permafrost all’atmosfera – commenta in una prospettiva correlata Eric Post, dell’Università della California Davis – questa interazione non è considerata nelle attuali previsioni del feedback dell’Artico sul riscaldamento globale. Saranno pertanto necessari ulteriori approfondimenti per comprendere appieno le dinamiche che guidano questi processi”. Un altro studio, apparso sullo stesso numero della rivista scientifica, il team di Rebecca Scholten della Vrije Universiteit di Amsterdam, ha esaminato le recenti stagioni estreme di incendi siberiani. Gli esperti hanno utilizzato i dati raccolti dal Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer (MODIS) satellitare per ricostruire l’attività incendiaria nell’Artico siberiano tra il 2001 e il 2021. Il gruppo di ricerca ha scoperto che lo scioglimento precoce della neve combinato con un anomalo getto frontale dell’Artico sulla Siberia nord-orientale può promuovere condizioni superficiali insolitamente secche e calde. Questi fattori climatici, concludono gli autori, sono fortemente interconnessi e sono aumentati significativamente negli ultimi decenni. (30science.com)