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Arriva la stagione della schiusa per i nidi di tartaruga

(23 Settembre 2021)

(30Science.com) – Roma, 23 set. – Da Nord a Sud, da Venezia a Lampedusa. Le coste italiane sembrano essere preferite non solo dai turisti ma anche da mamma tartaruga. Anche quest’anno l’Italia ha fatto registrare un alto numero nidi di tartaruga Caretta caretta. Ad oggi se ne contano ben 238 ed è verosimile che entro la fine della stagione si superi la quota record di 250 registrata l’estate scorsa. Numeri sorprendenti per le coste del nostro Paese, basti pensare che fino a 30 anni fa l’unico sito di nidificazione noto era quello della Spiaggia dei Conigli di Lampedusa diventata ora una riserva naturale gestita da Legambiente Sicilia. Oggi la situazione è decisamente cambiata e dalle spiagge italiane, da cui sta partendo un pacifico esercito di tartarughine appena nate, arriva un notevole contributo alla biodiversità del Mediterraneo. Le schiuse sono ancora in corso ma si stima che questa stagione di nidificazione porterà almeno 10 mila tartarughine “italiane” in mare.

 I nidi sono stati individuati nelle regioni del Sud, con il Cilento e la Costa Ionica della Calabria che si confermano le nursery preferite da mamma tartaruga, ma anche in Veneto, con un primato straordinario che fa del nido di Jesolo il nido più a nord del Mar Mediterraneo. Una conferma del fatto che l’areale di nidificazione delle tartarughe marine si va spostando progressivamente sempre più verso il Mediterraneo occidentale e sempre più verso nord. A confermare questo trend ci sono i 2 nidi di Maratea in Basilicata, i 10 nidi del litorale laziale, i 6 nidi individuati in Toscana, fino al nido nel Savonese e i nidi lungo la costa catalana in Spagna. Infatti, secondo diversi studi, l’aumento delle temperature determinato dai cambiamenti climatici sta rendendo questa porzione del Mediterraneo maggiormente adatta alla nidificazione rispetto agli anni passati. Oltre a questo ci sono anche gli “effetti benefici” di importanti progetti di conservazione finanziati nel tempo con il Programma LIFE (Caretta caretta, Tartanet, Tartalife) che hanno visto Legambiente protagonista e che hanno consentito probabilmente di aumentare la consistenza numerica della popolazione. Ma “l’invasione di tartarughe marine” è anche merito dello sforzo di monitoraggio effettuato da alcune associazioni ambientaliste e da istituzioni scientifiche che hanno monitorato lunghi tratti di costa per individuare e proteggere i nidi di mamma tartaruga. Tra questi ci sono i Tartawatchers di Legambiente che dall’inizio dell’estate hanno battuto palmo a palmo le spiagge e gli arenili di molte località italiane per individuare e mettere in sicurezza sotto la guida di esperti i nidi di Caretta caretta.

Un’ intera stagione estiva fatta di presidi diurni e notturni, con nidi ben segnalati e messi in sicurezza, insieme a attività di informazione e sensibilizzazione per bagnanti e gestori balneari. Il tutto per dare il massimo del comfort a mamma tartaruga nella fase di deposizione e per farle dormire sonni tranquilli dopo l’ovodeposizione.

Proprio in questi giorni i Tartawatchers di Legambiente insieme agli esperti e ai volontari di tante altre organizzazioni – tra cui la Stazione Zoologica Anton Dhorn di Napoli, Caretta Calabria Conservation, Rete TartaLazio, il CNR di Oristano, le Università di Padova, Firenze e Siena, etc. – stanno raccogliendo i frutti del duro lavoro con la schiusa delle tartarughe e la nascita di moltissime tartarughine.

Ci siamo davvero impegnati tanto quest’estate, abbiamo sacrificato il nostro tempo libero ma non ha prezzo poter osservare i tartarughini andare verso la battigia e prendere il largo in mare – dichiarano i volontari che hanno presidiato le spiagge italiane – È un momento tanto emozionante quanto spettacolare. Continueremo a seguire la nascita dei tartarughini nei prossimi giorni, e anche l’anno prossimo continueremo a militare nei Tartawatchers di Legambiente”.

Nel Mediterraneo ogni anno si contano oltre 7 mila nidi di tartarughe marine e in Italia il numero di deposizioni sta crescendo sempre più. Fino a pochi anni fa i nidi di Caretta caretta si fermavano a poche decine. “Ora alla luce di questa situazione è necessario impegnarsi per tutelare maggiormente i siti di Caretta caretta che sono costantemente sotto la minaccia antropica – dichiara Stefano Di Marco, coordinatore dell’Ufficio Progetti di Legambiente e del programma Tartawatchers.

Con il programma Tartawatchers abbiamo messo in campo, insieme ad altre associazioni ed organizzazioni, una macchina composta da fantastici volontari che hanno reso possibile questo gran risultato. Ma c’è ancora tanto da fare, di tutte queste tartarughine solo una piccola percentuale riuscirà a raggiungere l’età riproduttiva perché i rischi per le Caretta caretta non sono solo sulla terraferma ma anche in mare dove sono in agguato tanti pericoli: non solo i predatori naturali ma catture accidentali, collisioni con barche, inquinamento e ingestione di plastica sempre più frequente anche negli esemplari di piccola taglia.

Per rendere le spiagge più accoglienti e a misura di tartaruga marina, Legambiente ha poi avviato su scala nazionale l’iniziativa Lidi Amici delle Tartarughe marine cui hanno aderito oltre 500 stabilimenti balneari che si sono impegnati a ridurre l’inquinamento acustico e luminoso che reca disturbo sia durante l’ovodeposizione che durante la schiusa e a effettuare la pulizia senza ricorrere a mezzi meccanici che potrebbero distruggere i nidi. A coloro che hanno sottoscritto un apposito protocollo d’intesa Legambiente ha consegnato un apposito vessillo che sventola in questi lidi a evidenziare il loro impegno a favore delle tartarughe marine. La stessa azione partirà dal prossimo anno anche nei confronti delle amministrazioni comunali che possono contribuire in maniera importante alla tutela delle aree di nidificazione.

La consapevolezza dell’importanza di proteggere questa specie per fortuna sta aumentando, perché si sta finalmente comprendendo che questi animali oltre a rivestire una grande importanza dal punto di vista della biodiversità assumono anche un grande valore dal punto di vista socio economico” conclude Stefano Di Marco.(30Science.com)

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