Valentina Di Paola

Il punto sulle varianti di SARS-CoV-2

(24 Giugno 2021)

(30science.com) – Roma, 24 giu. – Da Alpha a Lambda, la continua diffusione del virus SARS-CoV-2 ha inevitabilmente provocato la comparsa di nuove varianti di preoccupazione (VOC) e varianti di interesse (VOI), alcune delle quali hanno mostrato il potenziale per diventare dominanti in alcuni paesi. Dai primi mesi di pandemia sono state riscontrate e valutate migliaia di mutazioni virali, e, anche se la maggior parte di esse non sembra in grado di alterare la pericolosità dell’agente patogeno, alcune aumentano la facilità di trasmissione dell’infezione, mentre altre potrebbero rivelarsi più resistenti all’immunità indotta dalla vaccinazione.

La prima ad aver suscitato l’interesse e la preoccupazione della comunità scientifica, come riporta il sito ufficiale del Ministero della Salute, è stata B.1.1.7, o Alpha. Identificata per la prima volta in Inghilterra nel dicembre 2020, questa VOC si è diffusa molto velocemente in almeno 90 nazioni, ed è diventata dominante nel Regno Unito e in altri paesi, tra cui l’Italia. Secondo diversi studi scientifici, questa variante risulta associata a una trasmissibilità più elevata a causa delle proprietà che caratterizzano la proteina spike virale, quella che si lega alle cellule umane. Le mutazioni nell’ambito della proteina conferiscono infatti al ceppo mutato una maggiore aderenza, per cui la probabilità che l’agente patogeno raggiunga l’organismo aumenta significativamente. Tradotto in cifre, il rischio di trasmissione sembra almeno del 37 per cento più elevato, ma l’incertezza statistica varia dal 18 al 60 per cento, secondo alcuni studi. Ciò implica che la variante può provocare un numero maggiore di casi, almeno in valore assoluto. Sulla base delle conoscenze scientifiche attuali, gli esperti ritengono che i vaccini attualmente in distribuzione siano comunque sufficientemente efficaci contro B.1.1.7.

La variante B.1.351, identificata in Sudafrica a distanza di pochi giorni da Alpha, è stata poi denominata Beta. Anche questa VOC ha impiegato poco tempo a diventare predominante nella regione e a diffondersi in almeno 80 paesi. Nonostante condivida alcune mutazioni con B.1.1.7, questo ceppo sembra essere più resistente alla reazione immunitaria indotta dalla vaccinazione e per questo è oggetto di numerosi monitoraggi da parte della comunità scientifica. Sembra tuttavia che la maggior parte dei farmaci in distribuzione riesca a fornire protezione dalle forme più gravi di Covid-19 provocate da questo ceppo.

Con Gamma si indica la variante B.1.1.28, emersa in Brasile nel novembre 2020 e identificata per la prima volta in Giappone. Lo scorso gennaio era già stata rilevata in diverse parti dell’Europa e degli Stati Uniti, e si ritiene che abbia ormai raggiunto almeno 37 paesi. La maggiore trasmissibilità sembra ormai documentata dalla letteratura scientifica, ma si sa ancora molto poco sulle capacità di questo ceppo di resistere all’immunità generata dalla vaccinazione.

Ci sono poi Delta e Kappa, due sottogruppi della variante B.1.617 di origini indiane e oggi dominante nella nazione asiatica. Responsabili del significativo aumento di contagi in India e Inghilterra, anche questi ceppi, individuati per la prima volta nell’ottobre 2020, potrebbero essere meno suscettibili agli anticorpi generati dall’immunizzazione, tanto che queste VOC, già diffusesi in Regno Unito, Israele e Stati Uniti, si considerano le varianti più pericolose tra quelle attualmente note.

Altra variante identificata nel Regno Unito, Eta, o B.1.525, si aggiunge all’elenco dei motivi di preoccupazione legati alla diffusione della pandemia. Questo ceppo, probabilmente in circolazione già a dicembre 2020, è stato individuato in almeno 11 nazioni. La pericolosità intrinseca di questa variante è correlata all’incertezza dell’efficacia dei vaccini e alle caratteristiche alterate della proteina spike, che anche in questo caso comportano una maggiore aderenza alle cellule umane e quindi una più elevata trasmissibilità.

Epsilon, nota anche come B.1.427 e B.1.429, è diventata predominante in California e nella parte orientale degli Stati Uniti, dopo essere stata identificata in Danimarca nel marzo 2020. Sembra associata a una contagiosità del 20 per cento più elevata, e, secondo alcuni studi, i vaccini Novavax e Moderna potrebbero essere meno efficaci contro questo ceppo.

Una delle ultime mutazioni aggiunte all’elenco dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è Lambda, rilevata per la prima volta in Perù nell’agosto 2020 e attualmente in circolo in almeno 29 nazioni. Al momento sembra associata al 10 per cento di tutti i nuovi casi di infezione rilevati negli Stati Uniti. A differenza delle altre varianti di preoccupazione, Lambda risulta in grado di provocare una sintomatologia più acuta, ma gli esperti ribadiscono che sarà necessario confermare i dati preliminari e valutare la resistenza agli anticorpi di questa e delle altre varianti di SARS-CoV-2.

Tra le altre VOI, si annoverano poi Zeta, anche nota come P.2, segnalata in Brasile ad aprile 2020, Iota, con cui si indica il lignaggio B.1.526, rilevato nel novembre 2020 negli Usa, e Theta, designata P.3, identificata nelle Filippine nel gennaio 2021. In diverse parti del mondo, inoltre, vengono segnalate periodicamente delle mutazioni potenzialmente preoccupanti del virus. Per questa ragione gli scienziati sottolineano l’importanza di monitorare attentamente la situazione epidemiologica del virus, in modo da individuare i ceppi virali in grado di riaccendere focolai di infezione o quelli potenzialmente più resistenti alla reazione immunitaria indotta dalla vaccinazione.

Per quanto riguarda la situazione in Italia, il rapporto dell’Istituto superiore di Sanità con i dati aggiornati all’inizio di giugno, evidenzia che nel nostro Paese la variante Alpha è associata all’88,1 per cento dei nuovi casi di infezione, seguita dalla Gamma, che provoca il 7,3 per cento dei nuovi contagi. Delta e Kappa risultano ancora piuttosto rare, ma “si segnala un recente aumento nella frequenza e diffusione di queste segnalazioni sul territorio nazionale”, come si legge nel documento ufficiale. (30Science.com)

Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e quest’anno ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).